Il paradigma emergente della giustizia di genere in Brasile: profili costituzionali, regolazione normativa e innovazione istituzionale  

Estefânia Maria de Queiroz Barboza*

Il sistema giudiziario brasiliano ha conosciuto negli ultimi anni cambiamenti significativi in relazione alla prospettiva di genere. Tali trasformazioni sono il risultato del dialogo tra iniziative normative promosse dall’organo di governo della magistratura, una giurisprudenza costituzionale innovativa e un’intensa attività di advocacy sociale. La convergenza di questi elementi ha dato origine a un nuovo paradigma di giustizia, caratterizzato da un approccio consapevole delle disuguaglianze di genere, che ha superato il mero imperativo etico per affermarsi come strumento di trasformazione democratica delle istituzioni.  

Questo articolo intende affrontare il paradigma emergente in Brasile, analizzando: (i) l’adozione del Protocolo para julgamento com perspectiva de gênero da parte del Consiglio Nazionale di Giustizia del (CNJ), evidenziandone l’ispirazione ai parametri internazionali; (ii) l’evoluzione della giurisprudenza della Corte Suprema Federale (STF) in materia di uguaglianza sostanziale di genere; e (iii) le recenti misure istituzionali volte a promuovere l’equità di genere all’interno del potere giudiziario. Infine, si intende evidenziare come, grazie all’adozione della prospettiva di genere, l’esperienza brasiliana costituisca un percorso virtuoso per la tutela dei diritti e la democratizzazione delle istituzioni. 

Dal Messico e dalla Corte Interamericana al CNJ: il Protocollo per giudicare in prospettiva di genere 

Una tappa fondamentale di tale percorso è stata la pubblicazione, nell’ottobre 2021, del Protocollo per il giudizio secondo una prospettiva di genere da parte del Consiglio Nazionale di Giustizia. L’elaborazione del Protocollo è stata influenzata da esperienze internazionali, come il Protocolo para juzgar con perspectiva de género laborato dalla Corte Suprema del Messico e le pronunce della Corte Interamericana dei Diritti Umani (Corte IDH). Infatti, il CNJ ha elaborato il Protocollo subito dopo la condanna inflitta al Brasile dalla Corte IDH nel caso Márcia Barbosa de Souza vs. Brasile, in cui era stato riconosciuto, in un caso di violenza contro le donne, che l’assenza di una prospettiva di genere nelle indagini e nell’azione penale aveva contribuito all’impunità. Nella sentenza, la Corte IDH ha affermato che ogni violazione di un obbligo internazionale che abbia causato un danno comporta il dovere di fornire una riparazione adeguata, non solo tramite misure di ristoro come risarcimenti pecuniari, riabilitazione, soddisfazione e garanzie di non ripetizione, ma anche attraverso la formazione degli operatori del diritto in materia di genere e l’adozione di protocolli specifici per i casi di violenza di genere. In ottemperanza agli obblighi internazionali, il CNJ ha elaborato un protocollo nazionale in materia di genere, compiendo un significativo passo avanti verso la realizzazione dell’uguaglianza e l’attuazione di politiche di equità. 

Il contenuto del Protocollo riflette un dialogo multilivello,  basandosi su documenti delle Nazioni Unite – come l’Agenda 2030 e l’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile n. 5 sull’uguaglianza di genere -, su precedenti regionali, tra cui il caso Campo Algodonero (Corte IDH, 2009), e integrando metodologie adottate in altri paesi dell’America Latina. L’ obiettivo centrale è stato di fornire ai magistrati strumenti concettuali e pratici per individuare e neutralizzare le disuguaglianze di genere nei casi concreti, smantellando stereotipi e interpretazioni solo apparentemente neutre che, in realtà, perpetuano privilegi maschili. Come sottolineano Fachin, Barboza e Bonatto, si tratta di un primo passo verso la costruzione di un’interpretazione giurisprudenziale orientata alla promozione dell’uguaglianza di genere, in grado di mettere in luce le forme di oppressione generate da un’applicazione del diritto che, pur proclamandosi neutrale, finisce per consolidare i privilegi maschili. In sintesi, il Protocollo si propone di stimolare un cambiamento culturale all’interno del sistema giudiziario brasiliano, in armonia con gli obblighi internazionali e in risposta alla crescente domanda interna di una giustizia più equa e inclusiva. 

A seguito dell’introduzione del Protocollo, il CNJ ha intrapreso un percorso volto a rendere strutturale l’integrazione della prospettiva di genere nel sistema giudiziario. Con la Raccomandazione CNJ n. 128 del 2022, il CNJ ha sollecitato tutti gli organi del potere giudiziario a conformarsi alle direttive stabilite nel Protocollo. Nel 2023, il plenum del CNJ ha rafforzato il processo di istituzionalizzazione approvando la Risoluzione CNJ n. 492/2023, che impone l’obbligo di  osservanza delle direttive del Protocollo a tutti gli organi del sistema giudiziario. La Risoluzione 492/2023 ha inoltre introdotto la formazione obbligatoria dei magistrati in materia di diritti umani, parità di genere, razza ed etnia, promuovendo una prospettiva intersezionale, e ha previsto l’istituzione di comitati permanenti per il monitoraggio e la valutazione del raggiungimento di tali finalità. In questo modo la prospettiva di genere ha cessato di dipendere dall’iniziativa dei singoli magistrati per assumere il carattere di obbligo istituzionale, integrandosi stabilmente nei criteri di qualità del sistema giudiziario brasiliano. 

Giurisprudenza costituzionale: dal formalismo neutro all’uguaglianza sostanziale di genere 

Negli ultimi anni, accanto alle iniziative di carattere amministrativo, la Corte Suprema Federale ha progressivamente consolidato criteri sostanziali per l’uguaglianza di genere, superando approcci puramente formalistici che spesso mascheravano disuguaglianze strutturali. Numerose sentenze testimoniano questo cambio di rotta verso una giurisprudenza sensibile alla prospettiva di genere, che si estende a settori come i diritti sociali, il lavoro, la tutela contro la violenza e la parità nelle carriere pubbliche. 

Un primo gruppo di casi riguarda la tutela sociale della maternità e della genitorialità, ambito in cui la Corte ha rimosso discriminazioni storiche. Nel RE 778.889/PE (Tema 782 della ripercussione generale) deciso nel 2016, la Corte ha stabilito che non può esserci alcuna differenza tra il congedo di maternità concesso a una madre biologica e quello accordato a una madre adottiva. Fino a quel momento, la normativa prevedeva congedi più brevi per le madri adottive, variabili in base all’età del bambino (ad esempio, solo 30 giorni per l’adozione di un bambino di età superiore a un anno, contro i 120 giorni per le partorienti). Con ampia maggioranza, seguendo il voto del Ministro Luís Roberto Barroso, la Corte ha dichiarato incostituzionale tale disparità, garantendo un minimo di 120 giorni (prorogabili di altri 60) a tutte le madri, senza distinzioni. La motivazione si è basata sull’assenza di una giustificazione ragionevole per la disparità di trattamento tra madri biologiche e adottive, sottolineando la necessità di tutelare l’interesse superiore del minore e di garantire il rispetto dei principi di dignità e uguaglianza tra figli biologici e adottivi. 

Questa decisione, divenuta simbolo dell’affermazione dell’uguaglianza sostanziale nella genitorialità, ha trovato ulteriore conferma nel 2022, quando la Corte, con la sentenza ADI 6603, ha dichiarato incostituzionali norme della  Legge 13.109/2015  che prevedevano un congedo più breve per le madri adottive nelle Forze Armate, ribadendo l’assenza di una giustificazione legittima per differenziare i diritti in base alla forma di  filiazione. 

Inoltre, la Corte ha eliminato barriere all’accesso ai diritti previdenziali che colpivano in modo sproporzionato le donne. Emblematica è, in tal senso, la decisione del 2023, che ha dichiarato incostituzionale il requisito di dieci mesi di contribuzioni all’INSS per il riconoscimento dell’indennità di maternità alle lavoratrici autonome o assicurate volontarie. A maggioranza, la Corte ha accolto la posizione del Ministro Edson Fachin, secondo cui il requisito di contribuzione aggiuntiva – non richiesto alle lavoratrici con contratto formale – violava il principio di uguaglianza, costituendo un ostacolo eccessivo all’accesso delle donne a questo beneficio previdenziale. Con questa decisione, è ora sufficiente un solo versamento contributivo perché le lavoratrici autonome, agricole e le altre prive di contratto di lavoro possano accedere all’indennità di maternità, alle stesse condizioni delle dipendenti tutelate dalla CLT. Si tratta di un chiaro esempio di approccio orientato alla prospettiva di genere: la Corte ha riconosciuto che il precedente requisito penalizzava soprattutto le lavoratrici più vulnerabili, come quelle informali o rurali, contribuendo ad aggravare le disuguaglianze. La sua eliminazione è stata dunque ritenuta necessaria per assicurare una tutela effettiva della maternità.   

Un ulteriore ambito di evoluzione giurisprudenziale riguarda la tutela del lavoro delle donne e, in particolare, delle gestanti. Nella sentenza ADI 5938 del 2019, la Corte Suprema Federale ha esaminato alcune disposizioni introdotte dalla riforma del lavoro del 2017, le quali  consentivano alle donne incinte di lavorare in ambienti insalubri di livello medio o basso e alle donne in fase di allattamento di lavorare in ambienti insalubri di qualsiasi grado, salvo presentazione di un certificato medico che ne consigliasse l’allontanamento. Con decisione unanime, la Corte Suprema Federale ha dichiarato incostituzionale tale normativa, ribadendo i principi costituzionali di tutela della maternità e dell’integrità del bambino (artt. 6 e 7, XVIII, della Costituzione Federale), riaffermando il dovere dello Stato di garantire condizioni di lavoro sicure per le donne incinte e in fase di allattamento. Nella sentenza, redatta dal Ministro Alexandre de Moraes, la Corte ha ribadito che la protezione delle donne in gravidanza e di quelle che allattano dall’esposizione ad ambienti insalubri è un diritto sociale fondamentale, volto a tutelare sia la madre sia il bambino. La Corte ha sottolineato che tali diritti sono irrinunciabili e non possono dipendere dalla presenza di un certificato medico. È stato inoltre respinto l’argomento secondo cui il divieto di lavoro in ambienti insalubri possa limitare l’occupazione femminile: al contrario, la Corte ha ricordato che ogni forma di discriminazione verso le gestanti deve essere prevenuta e punita e che la Costituzione impone allo Stato il dovere di proteggere e favorire in modo speciale il lavoro femminile (art. 7, XX, Costituzione Federale), compensando gli svantaggi legati alla gravidanza. In conclusione, la Corte ha rigettato un’uguaglianza meramente formale – che lasciava la scelta di lavorare in ambienti insalubri alla lavoratrice e al datore di lavoro – per affermare un’uguaglianza sostanziale, riconoscendo la specificità della maternità e la necessità di un sostegno istituzionale alle donne lavoratrici.  

Anche nel campo della violenza di genere, la giurisprudenza costituzionale brasiliana ha chiaramente adottato una prospettiva di genere. Un caso significativo è la sentenza l’ADI 6138, in cui l’Associazione dei Magistrati Brasiliani (AMB) ha contestato le modifiche introdotte nel 2019 nella Legge Maria da Penha. Tali modifiche autorizzano le forze dell’ordine a ordinare d’urgenza l’allontanamento dell’aggressore dal domicilio in presenza di un rischio imminente per la vittima, con la necessaria convalida del provvedimento da parte del giudice entro 24 ore. Nel marzo 2022, la Corte Suprema Federale ha confermato all’unanimità la costituzionalità di questa misura, riconoscendola come una risposta adeguata e necessaria per interrompere il ciclo della violenza domestica in situazioni di emergenza. La sentenza sottolinea che “l’autorizzazione eccezionale per delegati e poliziotti di allontanare immediatamente l’aggressore […] è ampiamente giustificabile, considerando l’impossibilità di ottenere una tutela giurisdizionale tempestiva, senza però togliere al potere giudiziario l’ultima parola”. La decisione ha evidenziato che questa norma realizza il dovere costituzionale dello Stato di contrastare la violenza familiare (art. 226, §8º, Costituzione Federale), tutelando i diritti fondamentali alla vita, all’integrità e alla dignità delle donne. In sostanza, la Corte ha scelto un’interpretazione sostanziale del principio di uguaglianza e del diritto alla sicurezza femminile, evitando un approccio formalista che avrebbe potuto invocare garanzie individuali come la riserva di giurisdizione o l’inviolabilità del domicilio, indebolendo così la protezione delle vittime. 

Come evidenziano le professoresse Estefânia Barboza et al., non esiste alcuna giustificazione perché la garanzia della riserva di giurisdizione o l’inviolabilità del domicilio prevalgano sulla protezione della persona umana, poiché tali garanzie sono pensate per difendere i diritti fondamentali e non per legittimare la violenza di genere. Il messaggio è chiaro: uguaglianza e non discriminazione richiedono risposte efficaci dello Stato contro la violenza sulle donne, anche se questo comporta una certa flessibilità nell’applicazione delle regole sulla competenza. 

Infine, meritano particolare attenzione alcuni precedenti in cui la Corte Suprema Federale ha riconosciuto e corretto discriminazioni indirette che le donne incontrano nelle carriere pubbliche. In questi casi, la Corte ha applicato il principio di uguaglianza per superare ostacoli meno evidenti, ma altrettanto concreti. Un esempio è la sentenza ADI 5355, decisa tra il 2021 e il 2022, che riguardava una norma dello Statuto del Servizio Estero che  vietava il cd. esercizio provvisorio, cioè la possibilità di un funzionario pubblico in servizio in Brasile di essere trasferito temporaneamente all’estero nel caso in cui il suo coniuge, un diplomatico di carriera, fosse assegnato all’estero. Questo divieto colpiva soprattutto le donne diplomatiche sposate con funzionari pubblici: di fatto, o i loro mariti rinunciavano alla carriera in Brasile per seguirle, oppure la coppia era costretta a vivere separata. Questa una situazione scoraggiava molte donne dal proseguire la carriera diplomatica. Le statistiche ufficiali mostrano che solo il 23% dei membri dell’Itamaraty sono donne, un dato che riflette questa tipologia di ostacolo. 

Nel giudicare l’ADI 5355, la Corte Suprema Federale ha dichiarato all’unanimità incostituzionale il divieto di esercizio provvisorio, riconoscendo che si trattava di una discriminazione indiretta di genere nel contesto della carriera diplomatica. La sentenza ha evidenziato che, sebbene la norma sembrasse apparentemente neutra – perché si applicava sia a diplomatici uomini sia a donne – essa causava impatti sproporzionati su un gruppo già stigmatizzato, cioè le diplomatiche, aggravando così le disuguaglianze strutturali. Il Ministro Fux ha sottolineato che il principio di uguaglianza non si limita a evitare discriminazioni e che, di fronte a pregiudizi profondamente radicati, spetta all’interprete costituzionale assumere un ruolo attivo per superare i paradigmi esistenti. Limitarsi a parlare di uguaglianza formale – “la legge è uguale per entrambi i sessi” – nasconde una realtà dura, perché sotto le apparenze dell’uguaglianza formale si nasconde un’ingiustizia che continua a persistere.  

Nel caso specifico, il divieto impugnato è stato ritenuto non solo contrario alla tutela costituzionale dell’unità familiare, ma anche un ostacolo alla partecipazione delle donne alle cariche diplomatiche. Questo divieto imponeva alle donne un costo sociale che gli uomini in situazioni simili non dovevano affrontare. Eliminando questa barriera, la decisione allinea le norme del servizio estero brasiliano al principio di uguaglianza di genere, permettendo alle donne diplomatiche di non dover sacrificare la carriera per la famiglia più di quanto accada agli uomini. Questo precedente ha un valore che va oltre il singolo caso, mostrando come la Corte Suprema Federale sia attenta anche alle discriminazioni indirette e sia pronta a correggerle in nome dell’uguaglianza sostanziale. 

Riforme istituzionali: equilibrio di genere nel potere giudiziario 

L’evoluzione giurisprudenziale è andata di pari passo con iniziative istituzionali innovative volte a promuovere la parità di genere nel sistema giudiziario. In particolare, il Consiglio Nazionale di Giustizia, sotto la presidenza della Ministra Rosa Weber (2022-2023), ha adottato misure di azione affermativa per contrastare la sottorappresentazione delle donne nelle posizioni di vertice del potere giudiziario. 

La più importante di queste iniziative è la Risoluzione CNJ n. 525/2023, che ha introdotto un meccanismo di alternanza di genere nelle promozioni per merito nei Tribunali di Secondo Grado. La risoluzione nasce da una situazione preoccupante: nonostante le donne rappresentino il 51% della popolazione brasiliana e circa il 39% della magistratura nazionale, la loro presenza diminuisce drasticamente nelle posizioni più alte. Infatti, solo il 23,9% dei giudici di secondo grado (desembargadores) nei tribunali statali e federali è donna. Questa segregazione verticale deriva da molteplici cause storiche e sociali che richiedono interventi correttivi. Per questo motivo la Risoluzione 525/23 ha modificato le regole sulle promozioni giudiziarie (Risoluzione CNJ n. 106/2010) introducendo liste di promozione esclusivamente femminili, da alternare a quelle tradizionali miste. In pratica, nei tribunali dove le donne giudici di secondo grado sono meno del 40%, i bandi di promozione si alterneranno: uno aperto a candidati di entrambi i sessi; il successivo riservato solo alle magistrate, e così via, fino a raggiungere un equilibrio di genere tra il 40% e il 60% nella composizione del tribunale. Questa azione affermativa, di natura temporanea e fondata sull’articolo 4 della CEDAW, che autorizza misure speciali per accelerare l’uguaglianza reale, mira a superare il soffitto di cristallo che ha limitato l’ascesa delle donne nella magistratura. La misura assicura che i posti da giudice di secondo grado, finora prevalentemente occupati da uomini, diventino accessibili anche alle donne, correggendo così ingiustizie storiche. È importante sottolineare che la risoluzione tutela i criteri di merito e anzianità: le liste di tre candidati sono sempre formate in base al rendimento e all’anzianità, mentre si separano solo le liste di concorso per evitare che discriminazioni strutturali, spesso invisibili, continuino a produrre risultati diseguali. 

L’iniziativa è ben radicata sia nella Costituzione federale sia in strumenti internazionali come la CEDAW. Viene evidenziato che  il CNJ richiama espressamente i principi di uguaglianza (art. 5, I, Costituzione Federale) e di interesse pubblico senza discriminazioni (art. 3, IV, Costituzione Federale) dimostrando che la promozione delle donne in posizioni di leadership non è solo un obiettivo sociale, ma anche un dovere costituzionale e internazionale. In più, si afferma che questa promozione contribuisce a rafforzare la legittimità democratica del potere giudiziario, assicurando una reale parità di trattamento. 

Anche altri organi del sistema giudiziario stanno seguendo un percorso analogo. Nel 2023, il Consiglio Nazionale del Pubblico Ministero (CNMP) ha adottato la Risoluzione CNMP n. 259/2023,  con cui è stata istituita la Politica nazionale per promuovere la partecipazione istituzionale femminile nel Pubblico Ministero. Si tratta di linee guida finalizzate ad incentivare l’uguaglianza di genere all’interno della carriera ministeriale, attraverso una serie di misure come l’incentivazione della presenza femminile in posizione di comando e consulenza, la promozione di una partecipazione equilibrata nelle commissioni di concorso, nei comitati e negli eventi ufficiali, l’adozione di un linguaggio inclusivo, la creazione di comitati interni per l’equità e la realizzazione di studi volti a individuare le barriere di genere presenti nelle istituzioni. Sebbene la risoluzione non preveda, al momento, l’introduzione di meccanismi formali di quote nelle promozioni – come invece ha fatto il CNJ per la magistratura – essa rappresenta un chiaro impegno verso l’obiettivo a lungo termine di favorire l’accesso delle giuriste a ruoli di responsabilità all’interno del Pubblico Ministero. A conferma di questa direzione, nel febbraio 2024 il CNMP ha emanato una   raccomandazione affinché i processi di promozione e trasferimento si basino su criteri di equità di genere e razza, accogliendo una sollecitazione dell’Associazione Nazionale dei Procuratori della Repubblica (ANPR). Tali sviluppi testimoniano l’emergere di un movimento coordinato all’interno delle principali istituzioni del sistema giudiziario brasiliano, orientato a correggere le diseguaglianze di genere attraverso riforme strutturali. Si tratta di un processo che, per portata e consapevolezza, non trova precedenti nella storia giuridica del Paese. 

È importante sottolineare che questi cambiamenti non sono frutto di dinamiche spontanee, ma il risultato di decenni di mobilitazione e pressione esercitata da accademiche, magistrate e organizzazioni della società civile. Già nel 1996, ad esempio, l’intervento dell’Associazione Giudici per la Democrazia e della Commissione della Donna dell’OAB/SP aveva portato il Tribunale di Giustizia di San Paolo (TJSP) a introdurre l’anonimato nelle prove scritte dei concorsi, dopo aver riscontrato che le candidate venivano sistematicamente penalizzate durante gli esami orali in cui i candidati erano identificabili. Negli ultimi anni, giudici, studiose e organizzazioni femministe hanno svolto un ruolo cruciale nella produzione di ricerche, pareri tecnici e raccomandazioni che hanno fornito le basi teoriche e pratiche per le azioni promosse. Il Seminario “Donne nella Giustizia”, promosso dal CNJ nel 2022 e 2023, ha prodotto le Carte di Brasilia, documenti contenenti proposte concrete – tra cui l’adozione di misure per la parità di genere – che hanno ispirato direttamente la Ris. 525/2023

Nel 2024, un parere tecnico redatto da costituzionaliste femministe come Estefânia Barboza, Fabiana Severi e Melina Fachin è stato presentato a sostegno della legittimità e della necessità delle liste di promozione riservate alle giudici presso il TJSP. Questo intervento ha rappresentato un ulteriore tassello nel consolidamento giuridico e istituzionale delle azioni volte a promuovere l’uguaglianza di genere all’interno della magistratura. Il documento ha fornito un’ampia base empirica sulla persistente disuguaglianza di genere all’interno del tribunale, confutando l’idea che non vi siano discriminazioni da correggere. Ha messo in luce, in particolare, come la scarsa presenza femminile nei ruoli apicali sia riconducibile alla cosiddetta segregazione verticale, determinata dall’interazione tra norme apparentemente neutre e pratiche sociali discriminatorie. Tra queste, spicca la divisione sessuale del lavoro, che continua ad attribuire principalmente alle donne il carico di cura familiare, limitandone così le opportunità di avanzamento professionale. 

Tali esperienze dimostrano il ruolo cruciale svolto dall’advocacy femminista e accademica nel promuovere la giustizia di genere: è la società civile organizzata a sollecitare e indirizzare le istituzioni affinché assumano pienamente il loro compito costituzionale di promuovere la trasformazione sociale. In altre parole, il cambiamento di paradigma in atto in Brasile è il risultato di un’interazione virtuosa tra giurisprudenza, regolamentazione istituzionale e azione collettiva. Ciò conferma che la lotta per l’uguaglianza di genere nel diritto si sviluppa su più livelli, in modo simultaneo e interconnesso.  

Conclusioni 

La recente esperienza brasiliana mostra come l’integrazione della prospettiva di genere nella giustizia rappresenti un nuovo paradigma democratico. Sul piano giurisprudenziale, La Corte Suprema Federale sta consolidando, caso dopo caso, il principio secondo cui perseguire l’uguaglianza sostanziale tra uomini e donne richiede il riconoscimento delle disuguaglianze strutturali, il superamento dei pregiudizi storici e l’adozione di misure di protezione rafforzata nei confronti dei gruppi vulnerabili. Le decisioni in materia di congedo di maternità, diritti previdenziali, tutela della gravidanza sul lavoro, violenza domestica e parità nelle carriere pubbliche riflettono una crescente attenzione alle disuguaglianze reali che le donne affrontano quotidianamente, offrendo risposte basate su un’interpretazione costituzionale orientata alla giustizia di genere. 

Sul piano istituzionale, il Consiglio Nazionale di Giustizia  (CNJ) sta traducendo questi principi in politiche trasformative all’interno del sistema giudiziario, promuovendo la formazione dei magistrati sulla prospettiva di genere e adottando azioni affermative temporanee volte ad accelerare il raggiungimento della parità nei ruoli di leadership. Questi interventi rappresentano un impegno concreto per rendere il sistema giudiziario più equo, inclusivo e coerente con i valori costituzionali di uguaglianza. L’obiettivo è di superare la presunta neutralità del diritto che troppo spesso ha nascosto forme di discriminazione, per adottare un approccio attivo e consapevole a favore dell’uguaglianza. Questo orientamento si allinea sia al testo costituzionale del 1988 sia agli obblighi internazionali assunti dal Brasile in materia di diritti umani, come la CEDAW e la Convenzione di Belém do Pará. È fondamentale sottolineare che questo cambiamento di paradigma non compromette né l’imparzialità né la certezza del diritto: al contrario, rafforza l’effettività dei diritti fondamentali per oltre la metà della popolazione e accresce la legittimità del sistema giudiziario. Come ha chiaramente affermato la Corte Interamericana, quando il pregiudizio è insidioso, il dovere di promuovere l’uguaglianza richiede interpretazioni attive che rompano con il paradigma vigente. Il Brasile sembra aver accolto questa lezione: giudicare con una prospettiva di genere e adottare misure istituzionali per l’equità sono ormai pratiche concrete, formalmente riconosciute e integrate nella struttura del sistema giudiziario. 

In conclusione, il nuovo paradigma della giustizia di genere in Brasile dimostra che l’ugiaglianza non è una semplice aspirazione retorica, ma il frutto di scelte giuridiche e politiche consapevoli. Giudicare e agire tenendo conto delle disuguaglianze di genere non rappresenta solo un dovere etico e costituzionale, ma anche uno strumento concreto di trasformazione democratica del diritto e delle istituzioni. La sfida attuale è garantire l’effettiva attuazione e il costante monitoraggio di queste misure, rafforzando al contempo il diritto costituzionale con una prospettiva di genere. Solo in questo modo sarà possibile promuovere buone pratiche e contribuire a costruire un’uguaglianza reale e sostanziale, soprattutto in un contesto globale segnato da regressioni democratiche e crescenti attacchi ai diritti delle donne. 

Riferimenti 

BARBOZA, Estefânia Maria de Q. et al. “Julgamento com perspectiva de gênero: a ADI 6138 e o STF.” JOTA (Opinião & Análise), 19 fev. 2022. 

BONATTO, Marina; FACHIN, Melina G.; BARBOZA, Estefânia M. Q. “Constitucionalismo feminista: para ler e interpretar o Direito (Constitucional) com as lentes de gênero.” Revista CNJ – Mulheres e Justiça, agosto 2022, p. 213-239. 

CNJ – Conselho Nacional de Justiça. Protocolo para Julgamento com Perspectiva de Gênero, 2021. 

CNJ. Resolução n. 492, de 8 de agosto de 2023. Diretrizes do protocolo e capacitação obrigatória em gênero no Judiciário

CNJ. Resolução n. 525, de 27 de setembro de 2023. Ação afirmativa de gênero para acesso das magistradas aos tribunais de 2º grau

CNJ. Recomendação n. 128, de 16 de março de 2022. Adotar o Protocolo para Julgamento com Perspectiva de Gênero

CNJ. Portal Institucional – Protocolo para Julgamento com Perspectiva de Gênero (pág. “Saiba mais”). Brasília, acesso em 10 jul. 2025. 

CNJ. Portal de Notícias – Mês da Mulher: licença-maternidade deve ser igual para mães biológicas e adotantes. 06 mar. 2023. 

IBDFAM (Instituto Brasileiro de Direito de Família). STF derruba carência para salário-maternidade de trabalhadoras autônomas. Notícias, 28 mar. 2024. 

STF – Supremo Tribunal Federal. Acórdão da ADI 5938/DF (j. 29 mai. 2019). Exposição de gestantes/lactantes a trabalho insalubre. Ementa e voto rel. Min. A. de Moraes. 

STF. Acórdão da ADI 6138/DF (j. 23 mar. 2022). Medida protetiva urgente – Lei Maria da Penha. Trechos da ementa. 

STF. Acórdão da ADI 5355/DF (j. 10 nov. 2021 – 26 abr. 2022). Exercício provisório e carreiras diplomáticas. Trechos do voto do rel. Min. Fux. 

STF. Acórdão do RE 778889/PE (j. 10 mar. 2016). Licença-maternidade: gestante vs. adotante. Notícias STF. 

STF. Acórdão da ADI 6603/DF (j. 15 set. 2022). Licença-adotante nas Forças Armadas. Notícias STF. 

CNMP – Conselho Nac. do Ministério Público. Resolução n. 259, de 28 mar. 2023. Política Nacional de Incentivo à Participação Feminina no MP

CNMP. Recomendações sobre equidade de gênero e raça em promoções. 2023/2024. 

PARECER Técnico – TJSP (Barboza, Severi, Fachin), abr. 2024. Mandado de Seg. – Lista exclusiva para juízas.  

*Professoressa di Diritto Costituzionale – Università Federale del Paranà (UFPR)

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