Enrico Albanesi*
- Introduzione
Il 17 settembre 2025 l’8ͣ Commissione permanente del Senato, nel corso dell’esame in sede redigente di alcuni disegni di legge volti ad introdurre modifiche al Testo unico dei servizi di media audiovisivi (TUSMA)[1], ha convenuto sull’adozione di un testo unificato proposto dai relatori, come testo base per il prosieguo dei lavori[2]. Testo sul quale peraltro, in Comitato ristretto, si era registrata l’impossibilità di una condivisione tra Maggioranza e Opposizione[3].
Il convitato di pietra nel dibattito parlamentare in corso sulle modifiche al TUSMA è evidente che sia il regolamento europeo sulla libertà dei media (European Media Freedom Act, EMFA) dell’aprile 2024[4]: l’art. 5 (che si applica dall’8 agosto 2025) reca infatti una serie di obblighi in capo agli Stati membri di assicurare garanzie per il funzionamento indipendente dei fornitori di media di servizio pubblico (in termini di governance e finanziamento)[5], funzionamento che è disciplinato nel nostro Paese proprio nel TUSMA. Obblighi, peraltro, non così distanti dai principi già elaborati dalla Corte costituzionale italiana nella storica sentenza del 1974 dove, tra le condizioni per assicurare il c.d. pluralismo interno della RAI, compariva quella in materia di governance: «gli organi direttivi dell’ente gestore», scriveva la Corte, «non siano costituiti in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo»[6].
Nella maggior parte dei disegni di legge (dai quali il testo unificato ha tratto origine) non compaiono tuttavia espressi riferimenti all’EMFA[7]. L’EMFA è menzionato nella Relazione illustrativa di un disegno di legge presentato da un Senatore di Maggioranza: si tratta in questo caso di un riferimento ad una disposizione del regolamento non riguardante l’indipendenza del servizio pubblico, derubricandosi però così la portata innovativa dell’EMFA[8]. D’altronde, la posizione del Governo e della Maggioranza, sin dall’estate del 2024, è stata nel senso di ritenere che la normativa di cui al TUSMA sia già conforme agli obblighi di assicurare l’indipendenza del servizio pubblico, di cui all’art. 5 EMFA[9].
L’impressione che si ricava dal testo unificato è però quella di un intervento normativo messo in cantiere proprio per evitare possibili procedure d’infrazione da parte dell’Unione europea a causa di una disciplina interna dei media di servizio pubblico, come quella italiana vigente, che non appare conforme all’art. 5 EMFA.
Sui profili di incompatibilità della normativa italiana vigente in materia di governance e di finanziamento del servizio di media pubblico con l’art. 5 EMFA ci si è già soffermati in altra sede[10] (così come su quelli riguardanti l’incompatibilità della stessa con i principi elaborati dalla Corte costituzionale[11]). Qui conta ora analizzare se la disciplina, contenuta nel testo unificato del 17 settembre 2025, dia finalmente corretta attuazione alla normativa eurounitaria; o se, al contrario, essa altro non sia che uno “specchietto per le allodole” per l’Unione europea.Le modifiche al TUSMA, contenute nel testo unificato, sulla governance della RAI
2. Le modifiche al TUSMA, contenute nel testo unificato, sulla governance della RAI
Oggi i sette membri del Consiglio di Amministrazione (C.d.A.) RAI sono eletti due dalla Camera e due dal Senato (con voto limitato a un solo candidato), due sono designati dal Consiglio dei ministri (su proposta del Ministro dell’economia) e uno è designato dall’assemblea dei dipendenti della RAI (art. 63, comma 15, TUSMA). La durata del loro mandato è di tre anni (art. 63, comma 10, TUSMA), così come di tre anni è quella dell’amministratore delegato (art. 63, comma 23, TUSMA). La nomina del Presidente del C.d.A. è effettuata dal Consiglio medesimo nell’ambio dei suoi membri e diviene efficace dopo l’acquisizione del parere favorevole, espresso a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti, della Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi (art. 63, comma 14, TUSMA). I quattro componenti del C.d.A. di designazione della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica sono eletti tra coloro che presentano la propria candidatura nell’ambito di una procedura di selezione il cui avviso deve essere pubblicato nei siti internet della Camera, del Senato e della RAI almeno sessanta giorni prima della nomina. Le candidature devono pervenire almeno trenta giorni prima della nomina e i curricula devono essere pubblicati negli stessi siti internet (art. 63, comma 16, TUSMA).
Il testo unificato qui in commento (art. 8) introduce alcune modifiche all’art. 63 TUSMA.
(i) Un aspetto positivo da segnalare è l’estensione dell’attuale mandato dei membri del C.d.A. RAI e dell’amministratore delegato da tre a cinque anni. Ciò pare andare nella direzione di rendere meno dipendenti i membri del Consiglio dalle contingenze delle maggioranze politiche pro tempore, le quali è maggiormente probabile che mutino nell’arco di cinque anni piuttosto che di tre. Si va dunque nella direzione dell’art. 5(2) EMFA, che dispone che la durata del mandato del direttore o dei membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico deve essere sufficiente a garantire l’effettiva indipendenza dei fornitori di servizio pubblico.
(ii) Da accogliersi con favore anche la soppressione della quota dei due membri del C.d.A. di designazione governativa e l’aumento da due a tre dei membri eletti rispettivamente da Camera e Senato; la previsione di una maggioranza dei due terzi per l’elezione di questi ultimi; così come la possibilità per un rappresentante designato dalla Conferenza Stato-Regioni e uno indicato dall’Associazione nazionale dei comuni italiani di partecipare al C.d.A., sia pure senza diritto di voto.
Come è agevole intuire, i due membri designati dal Governo, se sommati ai quattro membri che la Maggioranza è in grado di eleggere tra Camera e Senato, oggi delineano un C.d.A. dove la maggioranza dei membri è attratta agevolmente al binomio Governo-Maggioranza. Come è stato notato, il voto limitato a un solo candidato da parte di ciascun deputato e senatore, poi, non assicura oggi che Maggioranza e Opposizione cerchino un accordo su candidature in grado di raccogliere un consenso trasversale, come potrebbe invece avvenire con la previsione di una maggioranza qualificata[12]. Eliminare la quota dei due membri di designazione governativa e prevedere la maggioranza dei due terzi per i membri di elezione parlamentare va sicuramente nella direzione di rafforzare l’indipendenza del C.d.A. perché si superano le criticità della disciplina attuale, appena esposti.
L’estensione della partecipazione al C.d.A. ai due rappresentanti sopra menzionati, infine, può agevolare il perseguimento degli obblighi in capo alla RAI aventi riflesso in ambito regionale o provinciale, quali alcuni di quelli di cui all’art. 59 TUSMA.
(iii) I profili positivi da ultimo segnalati non sembrano però sufficienti a compensare due preoccupanti innovazioni previste dal testo unificato, così come alcune lacune dello stesso.
La prima innovazione è il fatto che, dalla terza votazione, la maggioranza dei due terzi per eleggere i membri del C.d.A. da parte della Camera e del Senato scende alla maggioranza assoluta. La seconda novità è che, dopo la seconda votazione, il parere della Commissione di vigilanza RAI sulla nomina del Presidente del C.d.A. è espresso a maggioranza assoluta dei componenti della Commissione stessa. Come è agevole intuire, dalla terza votazione non solo verrebbe meno la prospettiva di un accordo tra Maggioranza e Opposizione su candidature in grado di raccogliere un consenso trasversale; ma si aprirebbe la possibilità che sei membri del C.d.A. su sette vengano eletti (e la nomina del Presidente diventi efficace) a maggioranza, sia pure assoluta.
Una prospettiva che si colloca ad una distanza siderale da quanto richiesto dall’art. 5(2) EMFA, secondo il quale «gli Stati membri provvedono affinché le procedure per la nomina […] del direttore o dei membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico siano finalizzate a garantire l’indipendenza dei fornitori di media di servizio pubblico». Lo stesso dicasi, ovviamente, per quanto riguarda il rispetto del principio elaborato dalla Corte costituzionale nel 1974 circa la necessità che «gli organi direttivi dell’ente gestore non siano costituiti in modo da rappresentare direttamente o indirettamente espressione, esclusiva o preponderante, del potere esecutivo e che la loro struttura sia tale da garantirne l’obbiettività» (corsivo aggiunto).
Nelle norme che nel nostro ordinamento disciplinano l’elezione di componenti di organi collegiali al fine, tra l’altro, di assicurarne l’indipendenza, in nessun caso il quorum scende mai così in basso. Nel caso della Corte costituzionale, l’elezione dei giudici da parte del Parlamento in seduta comune avviene a maggioranza dei due terzi dei componenti l’assemblea e per gli scrutini successivi al terzo è sufficiente la maggioranza dei tre quinti degli stessi (art. 3, l. cost. n. 2 del 1967); nel caso del Consiglio superiore della magistratura, l’elezione dei componenti da parte del Parlamento in seduta comune avviene con la maggioranza dei tre quinti dell’assemblea e per gli scrutini successivi al secondo è sufficiente la maggioranza dei tre quinti dei votanti (art. 22, l. n. 195 del 1958). E non vale trovare un parallelismo con i meccanismi di elezione del Presidente della Repubblica ai sensi dell’art. 83 Cost. (a maggioranza di due terzi dell’assemblea e, dopo il terzo scrutinio, a maggioranza assoluta), poiché in quel caso la natura monocratica dell’organo non consente comunque alcun accordo tra Maggioranza e Opposizione su candidature ad una pluralità di componenti dell’organo.
Ove poi l’abbassamento del quorum, in particolare per la “conferma” del Presidente del C.d.A., sia stato pensato dagli estensori del testo unificato per evitare il ripetersi di uno stallo come quello in corso (dove il C.d.A. ha indicato Agnes come Presidente il 1° ottobre 2024 ma questa non ha ricevuto ancora la conferma da parte della Commissione di vigilanza RAI), si ricorda come ciò derivi in realtà dal fatto che da più di un anno la Maggioranza diserta la Commissione di vigilanza RAI in occasione delle sedute convocate al fine di esprimere tale parere. Una situazione, questa, stigmatizzata anche dal Presidente della Repubblica Matterella in occasione della cerimonia del Ventaglio il 30 luglio 2025, il quale ha parlato di quadro «sconfortante» offerto nella Commissione di vigilanza RAI, proprio richiamandosi l’EMFA e sottolineandosi come «la libertà vive del funzionamento delle istituzioni, non della loro paralisi»[13].
(iv) Lo scollamento del testo unificato rispetto all’EMFA risulta però evidente anche sotto un’altra prospettiva. L’art. 5(1) EMFA richiede che «il direttore o i membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico sono nominati in base a procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo a livello nazionale».
Siffatti procedure e criteri sembrano mancare già oggi nell’art. 63 TUSMA: come si è notato in altra sede[14], i requisiti per essere nominati membri del C.d.A., salvo forse quelli specifici per l’elezione del componente espresso dall’assemblea dei dipendenti della RAI ai sensi dell’art. 63, comma 15, lett. c), TUSMA, sono assai vaghi e la valutazione, compiuta dai nominanti, sul rispetto di tali requisiti appare insindacabile. L’art. 63, comma 10, TUSMA fa riferimento alla «riconosciuta» onorabilità, al «prestigio e competenza professionale», alla «notoria» indipendenza di comportamenti, alle «significative» esperienze manageriali. Il voto parlamentare per l’elezione dei quattro componenti del C.d.A. da parte delle Camere è ovviamente, per sua natura, immotivato: appare tuttavia singolare che la procedura pubblica, avviata con la presentazione delle candidature e la pubblicazione dei curricula, si esaurisca in ciò e non preveda una valutazione comparativa tra i candidati, magari per il tramite di una selezione dei curricula alla luce di (auspicabilmente: ben più stringenti) requisiti previsti dalla legge e di un’audizione dei candidati.
Il testo unificato (ecco la prima lacuna) sembra avere perso l’occasione di introdurre procedure e criteri in linea con l’EMFA.
(v) Analoghe considerazioni valgono per quanto disposto dall’art. 5(2) EMFA, per cui il direttore o i membri del consiglio di amministrazione dei fornitori di media di servizio pubblico sono altresì revocati in base a procedure trasparenti, aperte, efficaci e non discriminatorie e su criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo a livello nazionale. In particolare, «le decisioni in merito al [loro] licenziamento […] prima della fine del loro mandato sono debitamente giustificate, possono essere adottate solo in via eccezionale qualora essi non soddisfino più le condizioni richieste per l’esercizio delle loro funzioni conformemente a criteri stabiliti in anticipo a livello nazionale, sono preventivamente notificate alle persone interessate e prevedono la possibilità di un ricorso giurisdizionale».
Ancora una volta, tutto ciò manca nell’attuale TUSMA[15], che si limita a disporre che la revoca dei componenti è deliberata dall’assemblea ed acquista efficacia a seguito di parere favorevole della Commissione di vigilanza RAI (art. 63, comma 18, TUSMA)[16].
Il testo unificato, dal canto suo, introduce un voto a maggioranza dei due terzi dei membri della Commissione di vigilanza, affinché la revoca sia efficace (profilo, quest’ultimo, da accogliere favorevolmente); si limita tuttavia a disporre che la revoca può avvenire nel caso in cui vengano meno i requisiti soggettivi per la nomina ovvero per giusta causa o per gravi violazioni di legge. Non essendo però definiti, come si è detto, i criteri di nomina, risulta difficile assicurare che le decisioni di revoca siano assunte solo eccezionalmente qualora gli organi direttivi non soddisfino più tali criteri, come richiesto dall’art. 5(2) EMFA.
3. Le disposizioni del testo unificato in materia di finanziamento della RAI
L’ultimo profilo da segnalare riguarda il finanziamento della RAI.
L’art. 5(3) EMFA dispone che «gli Stati membri provvedono affinché le procedure per il finanziamento dei fornitori di media di servizio pubblico si basino su criteri trasparenti ed oggettivi stabiliti in anticipo, che assicurano risorse finanziarie adeguate, sostenibili e prevedibili, idonee all’adempimento della missione di servizio pubblico ed alla capacità di sviluppo nell’ambito di quest’ultimo». Tali risorse, si legge infine, sono «tali da salvaguardare l’indipendenza editoriale dei fornitori di media di servizio pubblico». È peraltro interessante notare come il Considerando (31) EMFA sottolinei come i finanziamenti dovrebbero essere preferibilmente decisi ed assegnati su base pluriennale, in linea con la missione di pubblico servizio, così da evitare il rischio di un’inappropriata influenza derivante dalle negoziazioni connesse al bilancio annuale.
L’attuale disciplina del canone prevede che la determinazione dell’importo del canone sia fatta a cadenza annuale e non pluriennale; in ogni caso, ciò avviene di fatto senza alcun aggancio con dati oggettivi di fabbisogno dell’azienda, nonostante l’art. 61, comma 3, TUSMA preveda una procedura in tal senso.
La determinazione del canone di abbonamento, a valere dall’anno 2016, è stata infatti sempre assunta direttamente dal legislatore con la legge di stabilità annuale. Oggi l’art. 52, comma 2, del testo unico dei tributi erariali minori (d.lgs. n. 174 del 2024) fissa l’importo del canone a novanta euro annue, anche se nulla impedirebbe che il legislatore possa tornare a modificarlo in modo arbitrario anno per anno, attraverso future leggi di bilancio. Il punctum dolens resta in ogni caso che la determinazione dell’ammontare avvenga senza alcun aggancio con dati oggettivi di fabbisogno dell’azienda. In contrasto, dunque, con l’art. 5(3) EMFA[17].
Non a caso la Commissione europea, nella sua Relazione sullo Stato di diritto, ha notato nel 2024 come l’Italia debba assicurare un finanziamento del pubblico servizio che sia appropriato per la realizzazione del mandato pubblico ed a garantire la sua indipendenza[18].
Il testo unificato aggiunge un comma all’art. 61 TUSMA, disponendo che «per garantire l’adeguatezza, la sostenibilità e la prevedibilità delle risorse finanziarie necessarie a garantire la fornitura del servizio, l’ammontare del canone di abbonamento non può subire una variazione negativa se non in presenza di condizioni eccezionali debitamente motivate, che comportino la riduzione delle esigenze di finanziamento. Ogni variazione in riduzione deve essere accompagnata da una relazione tecnica trasparente e verificabile, redatta secondo criteri oggettivi e coerenti con gli obblighi europei in materia di pluralismo, indipendenza editoriale e stabilità economica delle emittenti pubbliche. In ogni caso, qualunque variazione in negativo dell’ammontare del canone non può superare il 5 per cento rispetto all’importo dell’anno precedente».
Tale modifica non sembra assicurare le garanzie richieste dall’art. 5(3) EMFA. Mancano ancora i criteri trasparenti ed oggettivi stabiliti in anticipo; non si assicurano finanziamenti su base pluriennale (sebbene ciò sia solo auspicato nel Considerando (31)); sarebbe sufficiente una motivazione delle condizioni eccezionali per giungersi ad una variazione negativa; il limite del 5 per cento non impedirebbe una riduzione progressiva delle risorse anno per anno.
4. Conclusioni
In una recente sentenza, la Corte costituzionale ha ribadito l’essenzialità del servizio di media pubblico, sottolineandosi come «il pluralismo informativo è presidiato anche dalla presenza della RAI Radiotelevisione italiana spa, titolare del servizio pubblico e tenuta, in quanto tale, a garantire non solo la pluralità dell’informazione e il libero accesso alle diverse voci ed opinioni presenti nelle realtà locali (cosiddetto pluralismo interno), ma anche la completezza e l’imparzialità dell’informazione e la valorizzazione delle identità locali e delle minoranze linguistiche»[19]. Interessante notare come la Corte affermi ciò in un più ampio ragionamento riguardante il «nuovo volto del pluralismo dell’informazione» nell’ecosistema digitale[20]: dove la crisi dell’informazione è dovuta soprattutto alla «assenza dei controlli editoriali che caratterizzano l’operato dei media tradizionali» ed alla diffusione sulla rete di «informazioni false, discorsi d’odio, affermazioni non verificate e opinioni polarizzate» e dove «l’attuale sfida dell’informazione non riguarda tanto la ulteriore moltiplicazione delle già numerose voci che si fanno sentire nella sfera pubblica, quanto la salvaguardia della qualità dell’informazione medesima»[21].
I media di servizio pubblico diventano dunque cruciali in questo contesto[22].
Non sembra che le modifiche al TUSMA di cui al testo unificato assicurino una garanzia sufficiente in tal senso. C’è da augurarsi che il dibattito parlamentare in corso conduca ad un reale adeguamento della normativa italiana a quanto impongono l’art. 5 EMFA e la giurisprudenza costituzionale, magari andandosi nella direzione dell’affidamento ad una Fondazione del compito di designare i vertici della RAI[23].
Altrimenti, per rispondere alla domanda di partenza alla base di queste riflessioni, la riforma non sarebbe altro che uno “specchietto per le allodole” per l’Unione europea.
* Professore associato di Diritto costituzionale e pubblico, Università di Genova
[1] Decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 208, Attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, concernente il testo unico per la fornitura di servizi di media audiovisivi in considerazione dell’evoluzione delle realtà del mercato.
[2] Cfr. XIX leg., Senato della Repubblica, 8ͣ Commissione, Resoc. somm. n. 210 del 17 settembre 2025, Allegato.
[3] Cfr. XIX leg., Senato della Repubblica, 8ͣ Commissione, Resoc. somm. n. 210 del 17 settembre 2025.
[4] Cfr. il regolamento (UE) 2024/1083 del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 aprile 2024 che istituisce un quadro comune per i servizi di media nell’ambito del mercato interno e che modifica la direttiva 2010/13/UE (regolamento europeo sulla libertà dei media).
[5] Sull’art. 5 EMFA, cfr., volendo, E. Albanesi, Safeguards for the independent functioning of public service media providers. The legal position of domestic legislation that is not in compliance with Article 5 EMFA, in Rivista italiana di informatica e diritto, 2024, n. 2, p. 186 ss.
[6] Cfr. Corte cost., sent. 9 luglio 1974, n. 225, punto 8 del Considerato in diritto.
[7] Alcuni dei disegni di legge sono stati presentati prima dell’entrata in vigore dell’EMFA. Si vedano l’A.S. 162 (Gasparri), l’A.S. 199 (Nicita), l’A.S. 611 (Bizzotto e altri), A.S. 631 (Martella) e A.S. 828 (De Cristofaro e altri). Tra quelli presentati più di recente (quali l’A.S. 1257, Enrico Borghi e altri; l’A.S. 1521, Malan e altri; l’A.S. 1570, Bergesio; l’A.S. 1589 Mariastella Gelmini e altri), solo due fanno espresso riferimento all’EMFA nelle rispettive Relazioni illustrative. Si tratta dell’A.S. 1242 (Dolores Bevilacqua e altri) e dell’A.S. 1481 (Gasparri e altri). Nel primo, presentato da una senatrice di Opposizione, si nota come vi sia la necessità di rendere indipendente il servizio pubblico anche alla luce dell’EMFA.
[8] Nell’A.S. 1481 (Gasparri e altri), presentato da un senatore di Maggioranza, ci si limita a menzionare la necessità di integrare la disciplina del TUSMA sulla rilevazione degli ascolti con quanto previsto dall’art. 24 TUSMA.
[9] Cfr. XIX legislatura, Senato della Repubblica, 8ͣ Commissione permanente, Resoc. somm. n. 166 del 30 maggio 2024.
[10] Sul TUSMA alla luce dell’art. 5 EMFA, sia consentito il rinvio a E. Albanesi, I media di servizio pubblico ex art. 5 del regolamento europeo sulla libertà dei media (European Media Freedom Act). Commento all’articolo ed analisi critica della legislazione italiana in materia, in Astrid Rassegna, 2024, n. 6, p. 1 ss.
[11] Cfr., volendo, E. Albanesi-A. Valastro-R. Zaccaria, Diritto dell’informazione e della comunicazione, Milano, Wolters Kluwer, 2025, p. 293 ss. In senso critico sull’attuale disciplina della governance della RAI, cfr. G. De Minico, Europa, tecnica e mercato. Riforme e futuro per B.B.C. e RAI, in Pol. dir., 2015, p. 249, la quale parla di «moto centripeto filogovernativo» derivante da essa. Analogamente cfr. G.E. Vigevani, I media di servizio pubblico nell’età della rete. Verso un nuovo fondamento costituzionale, tra autonomia e pluralismo, Torino, Giappichelli, 2018, p. 260 ss.
[12] Cfr. G.E. Vigevani, I media di servizio pubblico nell’età della rete, cit., p. 263 e p. 274.
[13] Cfr. Intervento del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in occasione dell’incontro con i componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare per la consegea del Ventaglio, Palazzo del Quirinale, 30 luglio 2025, in www.quirinale.it, alla voce Discorsi.
[14] Cfr., volendo, E. Albanesi, I media di servizio pubblico ex art. 5 del regolamento europeo sulla libertà dei media, cit., p. 12 s.
[15] Ivi, p. 13.
[16] Si ricorda sul punto che la Corte costituzionale riconobbe come la rappresentanza parlamentare costituisce il più idoneo «custode delle condizioni indispensabili per mantenere gli amministratori della [RAI] al riparo da pressioni e condizionamenti», così da garantire nella concessionaria il «pluralismo delle fonti e degli orientamenti ideali, culturali e politici». Cfr. Corte cost., sent. 13 marzo 2009, n. 69, punto 3.3 del Considerato in diritto.
[17] Sia consentito il rinvio a E. Albanesi, I media di servizio pubblico ex art. 5 del regolamento europeo sulla libertà dei media, cit., p. 13 ss.
[18] Cfr. Commissione europea, Relazione sullo Stato di diritto 2024. Capitolo sulla situazione dello Stato di diritto in Italia, SWD (2024) 812 final, p. 3.
[19] Cfr. Corte cost., sent. 15 aprile 2025, n. 44, punto 12.3.2 del Considerato in diritto.
[20] Ivi, punto 12.3.5 del Considerato in diritto.
[21] Ivi, punto 12.3.4 del Considerato in diritto.
[22] Ampiamente sul punto cfr. G.E. Vigevani, I media di servizio pubblico nell’età della rete, cit., p. 23 ss.
[23] Come, ad esempio, fu proposto in passato con una proposta dell’allora Ministro delle comunicazioni Gentiloni. Cfr. XV legislatura, A.S. 1588. Per approfondimenti cfr. R. Zaccaria (a cura di), La Rai del futuro, un seminario sulle Linee guida per la riforma della Rai, Firenze, Passigli, 2007. Oggi, alcuni dei disegni di legge presentati al Senato sopra menzionati, ripropongono quell’impianto. Cfr., ad esempio, XIX legislatura, A.S. 199 (Nicita).

