A proposito della legge regionale toscana 16/2025 e della deliberazione 2/2025 del collegio toscano di garanzia statutaria

GIAN LUCA CONTI*

1 – Il Presidente della Giunta regionale della Toscana, Eugenio Giani, ha fortemente voluto una legge regionale di attuazione di quanto previsto dalla giurisprudenza costituzionale in materia di fine vita.

La regione Toscana è perciò la prima regione ad approvare, sia pure con diversi emendamenti, il disegno di legge elaborato dalla Associazione Luca Coscioni e presentato in diverse regioni come iniziativa popolare o consiliare[1].

Si deve osservare che, allo stato delle cose, ma non per molto, secondo quanto si dirà fra poco, pressoché in tutto il territorio nazionale è assicurato il diritto al trattamento di fine vita nei casi indicati dalla Corte costituzionale nelle sue sentenze 242/2019 e 135/2024 nel caso in cui il malato si rivolga alla giustizia[2].

Alcune regioni hanno deciso di darsi una disciplina a livello amministrativo con il compito di erogare la propria assistenza in condizioni di generale uniformità a tutti coloro che ne fanno richiesta (così Puglia, Emilia – Romagna e Marche). Altre regioni si sono rifiutate esplicitamente di darsi una disciplina legislativa. La grande maggioranza delle regioni aspetta che ci sia una legge dello Stato e nel frattempo somministra il Tiopedone quando vi è costretta da un provvedimento del giudice.

La legge regionale 16/2025 si fonda sul presupposto che le sentenze 242/2019 e 135/2024 siano immediatamente eseguibili, ovvero su di una efficacia politicamente erga omnes di queste pronunce della Corte costituzionale che la Regione interpreta come positiva affermazione di un diritto – nelle condizioni ben note di una malattia incurabile che induce sofferenze insopportabili in un paziente tenuto in vita grazie a trattamenti esterni[3] – di autodeterminazione con riferimento alle cure necessarie per essere mantenuto in vita e alle modalità con cui addivenire al decesso.

In questi casi, la legge reg. Toscana 14/2025 organizza quanto necessario perché colui che è arrivato consapevolmente alla scelta del trattamento di fine vita possa godere dell’assistenza da parte del servizio sanitario e coloro che prestano l’assistenza necessaria a questo fine non possano essere considerati responsabili.

Nella sostanza la disciplina regionale prevede la costituzione di una commissione multidisciplinare permanente presso ciascuna azienda sanitaria locale. L’interessato deve presentare una apposita istanza all’Azienda sanitaria dichiarando di essere in possesso dei requisiti per accedere al trattamento di fine vita. Può indicare un medico di fiducia e il protocollo di somministrazione del trattamento. L’Azienda sanitaria istruisce l’istanza tramite la commissione multidisciplinare che deve sentire il comitato per l’etica sulla clinica. La commissione ha venti giorni che possono diventare venticinque nel caso ritenga necessari accertamenti per verificare che il consenso sia informato, libero e consapevole e che sussistano le condizioni di cui alla giurisprudenza costituzionale. La relazione finale della commissione deve essere comunicata all’interessato e, se ritiene che l’istanza debba essere accolta, la commissione nei dieci giorni successivi deve individuare le modalità di somministrazione del trattamento di fine vita sentito il parere del comitato etico. La somministrazione del trattamento avviene nei sette giorni successivi, con l’assistenza di un medico, preservando la dignità del paziente cui devono essere evitate ulteriori sofferenze. L’azienda sanitaria fornisce il supporto tecnico e l’assistenza sanitaria per la preparazione all’autosomministrazione del farmaco.

Il tutto deve essere totalmente gratuito e senza oneri per la finanza regionale, il che pare contraddittorio ma non dovrebbe essere fonte di disavanzi eccessivi.

Infine, la legge reg. 16/2025 precisa che il trattamento di fine vita non costituisce un livello essenziale di assistenza, sul presupposto che se lo costituisse sarebbe impedita la legislazione regionale in assenza di una legislazione statale opportunamente richiamata dal legislatore regionale.

2 – Fin qui la legge regionale suscita le solite perplessità ampiamente denunciate dalla dottrina più avversa, ideologicamente avversa, se così si può dire, al fine vita.

La regione avrebbe invaso la competenza statale in materia civile e penale ovvero in materia di livelli essenziali di assistenza[4].

In realtà, le questioni possono essere lette in maniera radicalmente diversa a partire dal presupposto che una volta che la Corte costituzionale ha affermato chiaramente che vi è un diritto a rifiutare quei trattamenti che sono necessari a restare in vita, il problema non è più la punizione o meno di colui che consente al paziente di realizzare la propria volontà ma di assicurare la piena espansione del diritto a disporre della propria vita[5] inteso come un diritto della personalità.

Il diritto alla vita inteso come valore supremo dell’ordinamento giuridico costituisce un diritto di libertà, è protezione di una signoria della volontà che si estende fino al decidere, in situazioni estreme, come poter morire.

Fra Corte cost. 50/2022 e 242/2019 vi è una soluzione di continuità: la prima protegge il diritto alla vita come valore supremo ma la seconda costituisce il presupposto di tale protezione e tale protezione ha per oggetto una libertà che è essenzialmente libertà di scelta rispetto al valore della vita, scelta che riguarda ciascun individuo capace di formare liberamente il proprio giudizio e che non può essere imposta da un ordinamento che ha rinunciato alla pena di morte.

Eretta questa libertà a valore supremo, lo Stato ha il dovere di prestare la propria assistenza a chi compie una scelta che non è in grado di realizzare: non è costituzionalmente ammissibile che sia ammesso al trattamento di fine vita solo chi ha i mezzi per fare fronte a questa decisione organizzando il proprio ultimo viaggio in Svizzera, Olanda o in qualsiasi altro paese più liberale del nostro.

La grande livellatrice[6] esige l’eguaglianza di ciascuno davanti alla morte e la Repubblica non può considerare questa eguaglianza come l’oggetto di una prestazione di solidarietà che guarda alla persona e le assicura il pieno sostegno alla realizzazione della sua personalità anche quando questo sostegno è porre termine allo sviluppo della persona[7].

Il passaggio dalla solidarietà alla sussidiarietà è lieve e consente di trovare il fondamento dell’intervento regionale che, a ben vedere, non riguarda né la materia civile della formazione del consenso, interamente risolto dalla legge 219/2017[8]: affermare che la regione non può regolare l’accesso ai trattamenti sanitari perché non le è consentito intervenire sul consenso informato è provare davvero troppo, né la materia penale: la regione non interviene sulla liceità penale ma si limita a definire le condizioni di accesso a un trattamento sanitario che per effetto di una decisione costituzionale può essere erogato senza incorrere in alcuna responsabilità penale.

Difficile invece negare che se il trattamento di fine vita è l’oggetto del diritto alla vita inteso come si è sommariamente cercato di fare non possa essere un LEA assicurato a tutti in condizioni di parità sull’intero territorio nazionale.

Lo si fa, secondo queste righe, perché il principio di solidarietà evoca la sussidiarietà e il riparto di competenze non può essere di ostacolo al pieno sviluppo della personalità nell’inerzia del legislatore nazionale e di gran parte delle altre comunità regionali.

3 – Le osservazioni che si sono svolte non dicono, in realtà, molto di nuovo.

La vera novità è l’intervento del collegio regionale di garanzia, evocato da un ricorso delle minoranze di centro destra[9].

Il Collegio di garanzia statutaria è previsto dall’articolo 57 dello Statuto regionale e deve: giudicare della conformità a Statuto delle leggi e dei regolamenti regionali, giudicare dei conflitti di attribuzione fra organi regionali e pronunciarsi sull’ammissibilità e regolarità delle richieste di referendum popolari regionali. Il suo funzionamento è regolato dalla legge reg. 4 giugno 2008, n. 34.

Hanno chiesto: «un parere di codesto Collegio di Garanzia, al fine di conoscere se la legge regionale in materia di assistenza sanitaria al suicidio medicalmente assistito – ancorché dichiaratamente recante modalità organizzative – in assenza di una legge statale che assicuri la necessaria uniformità, risulti conforme allo Statuto della Regione Toscana in particolare ai principi degli art. 1 (“La Regione Toscana” comma 1 “La Regione Toscana rappresenta la comunità regionale ed esercita e valorizza la propria autonomia costituzionale nell’unità e indivisibilità della Repubblica italiana, sorta dalla Resistenza, e nel quadro dei principi di adesione e sostegno all’Unione europea”); art. 3 (“Principi generali” comma 1. “La Regione fonda la propria azione sui valori della Costituzione italiana e sugli accordi tra gli Stati per la Costituzione europea”; comma 2. “La Regione opera al fine di realizzare il pieno sviluppo della persona e dei principi di libertà, giustizia, uguaglianza, solidarietà, rispetto della dignità personale e dei diritti umani”); art. 4 (“Finalità principali” comma 1 “La Regione persegue, tra le finalità principali” lettera c) “il diritto alla salute”); art. 5 (“Verifica dei principi e dei diritti” comma 1.”La Regione assume a base della sua azione i principi e i diritti del presente titolo, dei quali verifica periodicamente lo stato di attuazione”) con il riparto di competenze legislative previsto in Costituzione».

In realtà, però, il ricorso delle minoranze consiliari riguarda il riparto di competenze Stato – regioni e, perciò, per essere ammissibile, è costretto a considerare le norme costituzionali come parametro siccome richiamate dalle norme statutarie di principio che si sono appena richiamate e la cui natura vincolante, checché ne dica il Collegio, è tutta da dimostrare[10].

Insomma, vi sarebbero stati tutti gli elementi per un facile non liquet ma una soluzione di questo genere non è stata condivisa dal Collegio toscano di garanzia che ha sviluppato un modello interpretativo di notevole interesse nella sua deliberazione 11 marzo 2025, n. 2.

Il passaggio chiave merita di essere integralmente trascritto: «Il principio di eguaglianza trova espresso richiamo nell’art. 3 dello Statuto, che lo pone come una finalità specifica dell’azione regionale. “La Regione – vi si legge – opera al fine di realizzare il pieno sviluppo della persona e dei principi di libertà, giustizia, uguaglianza, solidarietà. rispetto della dignità personale e dei diritti umani”. Ciò in un più generale contesto in cui lo Statuto (art. 3) impegna la Regione a fondare la propria azione sui valori della Costituzione e (art. 1) a “esercitare e valorizza[re] la propria autonomia costituzionale nell’unità e indivisibilità della Repubblica italiana”. – Si ricava dal principio statutario di eguaglianza che ogni persona appartenente alla comunità regionale ha diritto, nelle materie sottratte in tutto o in parte alla competenza legislativa regionale, ad un trattamento normativo non diverso da quello delle altre persone che compongono la comunità nazionale o la cui diversità sia contenuta all’interno di una cornice di principi fondamentali. Emerge da ciò un vincolo per la Regione a non creare una disparità di trattamento dei propri cittadini rispetto agli altri che non sia consentito dall’ordinamento e giustificata dall’autonomia, anche tenuto conto delle regole di riparto. – Posta la questione in questi termini, la richiesta a questo Collegio di verificare il rispetto delle regole sulla esistenza di una potestà legislativa regionale nel normare la materia si traduce nella richiesta di verificare il rispetto dell’art. 3 dello Statuto e consente sotto questo unico profilo la verifica di conformità. – Nella prospettiva della dedotta inesistenza della potestà legislativa regionale, invece, non risultano configurabili violazioni delle altre previsioni statutarie (relative al pieno sviluppo della persona e ai principi di libertà, giustizia e solidarietà, al rispetto della dignità personale e dei diritti umani, alla garanzia del diritto alla vita) che non possono dirsi di per sé lese per effetto della mera violazione delle regole di riparto poste dall’art. 117, Cost.» Il Collegio trova il fondamento della propria decisione nel suo precedente 1/2014, dove si era affermato che anche le disposizioni di principio dello Statuto regionale dovevano essere considerate come vincolanti»

In altre parole, nelle materie sottratte alla competenza legislativa regionale, i cittadini della Toscana hanno diritto a un trattamento normativo che non sia diverso da quello degli altri cittadini e questo consentirebbe alla regione di intervenire a colmare le lacune della legislazione statale.

L’argomento, in realtà, non convince: il principio di eguaglianza dei cittadini toscani è quello dei cittadini italiani e non esiste, non può esistere, un’eguaglianza in Toscana che non sia l’eguaglianza definita dall’art. 3, Cost.

In secondo luogo, una lacuna della legislazione statale non può essere considerata costituzionalmente intollerabile, come sarebbe se violasse i diritti fondamentali dei cittadini o della particolare categoria dei cittadini italiani che risiede in Toscana, se non dalla Corte costituzionale e sarebbe interessante un conflitto Stato – regioni in cui la Toscana, sulla base del proprio art. 3, solleva la questione di incostituzionalità di una lacuna.

In terzo luogo, una lacuna può ben essere l’affermazione della volontà di non esercitare il potere di sintesi politica e il potere di sintesi politica è ripartito fra lo Stato e le regioni dalla Costituzione negli artt. 117 e 118, Cost.

Eppure in questo argomento c’è un potenziale inespresso che è davvero interessante da sviluppare.

Non convince nelle materie che non sono di competenza regionale.

Convince, invece, nelle materia che sono di competenza regionale e pone la questione della possibilità per la regione di determinare una disparità di trattamento fra i propri cittadini e i cittadini delle altre regioni che non sia ragionevolmente giustificata.

Ma questo argomento, che pure è stato ben cennato dalla dottrina e, proprio con riferimento al caso di specie[11], non è stato colto dal Collegio toscano che, invece, sulla base dell’art. 3 dello Statuto, così interpretato, ha ritenuto di poter sindacare nel merito la conformità della deliberazione legislativa consiliare alla Costituzione.

4 – E adesso che succede?

La legge regionale è stata promulgata.

Il Governo ha trenta giorni per denunciarne la incostituzionalità.

Nel frattempo, al Senato, il disegno di legge S 65, di iniziativa del Senatore Parrini, cui sono abbinati i disegni di legge 104, 124, 570 e 1083, tutti di iniziativa parlamentare, è in corso di esame da parte delle Commissioni 2° e 10° in sede referente (dopo essere stato richiamato dalla redigente in cui era stato assegnato inizialmente, come dovrebbe essere di regola al Senato). Le Commissioni hanno completato un intenso giro di audizioni informali e nominato un comitato ristretto in data 3 dicembre 2024. Il comitato ristretto sembrerebbe avere trovato un primo accordo sul testo da licenziare per l’aula in data 5 marzo 2025.

Anche la Corte costituzionale si sta muovendo: il prossimo 26 marzo 2025, relatori Viganò e Antonini, sarà trattata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di Milano con ordinanza 21 giugno 2024.

Non è possibile sapere se il Governo impugnerà o meno la legge regionale ed è molto improbabile che il Governo o la stessa Corte promuovano conflitto contro la deliberazione 2/2025 del Collegio regionale di garanzia.

Questa deliberazione, infatti, invade le attribuzioni della Corte costituzionale perché usurpa il giudizio di legittimità costituzionale delle leggi e questo non è ammissibile per effetto dell’art. 134, Cost. e dell’art. 1, legge cost. 1/1948.

Ma, più ancora, invade le attribuzioni del circuito Parlamento – Governo perché l’interpretazione del contenuto costituzionalmente rilevante delle sentenze della Corte costituzionale che contengono un monito spetta al destinatario del monito, non alla Regione o al Collegio di garanzia statutaria.

Insomma, si prospetterebbe davvero uno scenario interessante ma realisticamente si può sperare in un qualche obiter dictum nella sentenza che deciderà della questione di legittimità costituzionale della legge reg. Toscana 16/2025 se il Governo riterrà di impugnarla e non troppo di più.

Che poi in questo giudizio in via principale la Corte sollevi dinanzi a sé la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 dello Statuto e operi un sostanziale revirement della propria giurisprudenza sui principi negli statuti regionali dichiarandone la incostituzionalità perché le disposizioni o sono norme o non sono niente e il niente in forma normativa è incostituzionale sarebbe davvero sperare troppo.


[1] Non così le regioni Puglia ed Emilia Romagna che hanno preferito ricorrere allo strumento regolamentare (si veda per la Puglia la deliberazione di Giunta regionale 18 del 18 gennaio 2023 e per l’Emilia Romagna la deliberazione di Giunta regionale 5 febbraio 2024, n. 194, non ché la determina del Direttore generale cura della persona, salute e welfare n. 2596 del 9 febbraio 2024. Altrettanto accade nelle Marche per effetto di un provvedimento generale dell’Azienda Sanitaria Unica regionale.

Il disegno di legge “liberi tutti” pende in Val d’Aosta, Lazio, Abruzzo e Campania. E’ stato respinto per effetto dell’approvazione di una questione pregiudiziale di legittimità costituzionale in Piemonte, Lombardia e Friuli Venezia Giulia.

In Veneto è stato affondato direttamente in Consiglio dove la votazione finale è finita in pareggio.

In Trentino Alto Adige, Sicilia e Molise non è stato presentato, mentre in Umbria e Basilicata è decaduto per non essere stato approvato nella passata consiliatura.

Vedi A. Candido, Il fine vita fra Stato e regioni, in Giurcos.org, Fasc. 3/2024, 989 e ss.; B. Vimercati, L’intricato intreccio di fonti sul suicidio medicalmente assistito: il caso dell’Emilia-Romagna, in Osservatorio sulle fonti, 1/2024; L. Busatta, Come dare forma alla sostanza? Il ruolo delle Regioni nella disciplina del suicidio medicalmente assistito, in Osservatorio AIC, n. 3/2024; F.G. Pizzetti, La proposta di legge piemontese in materia di assistenza al suicidio, alla luce della giurisprudenza costituzionale e del riparto di competenze Stato-Regioni, in Il Piemonte delle autonomie, 1/2024; F. Piergentili, F. Vari, Prime notazioni sulla legge regionale del Friuli Venezia Giulia in materia di vita, in Diritti regionali, 3/2023; G. Razzano, Le proposte di leggi regionali sull’aiuto al suicidio, i rilievi dell’Avvocatura Generale dello Stato, le forzature del Tribunale di Trieste e della commissione nominata dall’azienda sanitaria, in Giurcost.org, Fasc. 1/2024, 69 e ss.

[2] In questi termini, T. Ancona, 9 giugno 2021 e T. Trieste, 4 luglio 2023, facilmente reperibili in rete.

[3] Questo il dispositivo di Corte cost. 242/2019: «dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) – ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della presente sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione – , agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente».

[4] Si veda, fra i non pochi, M. Esposito, “Morte e credito”: riflessioni critiche sul c.d. diritto al suicidio assistito, in Federalismi.it, 14/2024; L. Bianchi, La competenza legislativa sul fine vita, in Osservatorio sulle fonti, 2/2024, ma anche Candido e Razzano che si sono citati.

[5] Il diritto alla vita è affermato da Corte cost. 50/2022: «Come questa Corte ha avuto modo di chiarire in più occasioni, il diritto alla vita, riconosciuto implicitamente dall’art. 2 Cost., è «da iscriversi tra i diritti inviolabili, e cioè tra quei diritti che occupano nell’ordinamento una posizione, per dir così, privilegiata, in quanto appartengono – per usare l’espressione della sentenza n. 1146 del 1988 – “all’essenza dei valori supremi sui quali si fonda la Costituzione italiana”» (sentenza n. 35 del 1997). Esso «concorre a costituire la matrice prima di ogni altro diritto, costituzionalmente protetto, della persona» (sentenza n. 238 del 1996). – Posizione, questa, confermata da ultimo, proprio per la tematica delle scelte di fine vita, nell’ordinanza n. 207 del 2018 e nella sentenza n. 242 del 2019, ove si è ribadito che il diritto alla vita, riconosciuto implicitamente dall’art. 2 Cost. (sentenza n. 35 del 1997), nonché, in modo esplicito, dall’art. 2 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, è il «“primo dei diritti inviolabili dell’uomo” (sentenza n. 223 del 1996), in quanto presupposto per l’esercizio di tutti gli altri», ponendo altresì in evidenza come da esso discenda «il dovere dello Stato di tutelare la vita di ogni individuo: non quello – diametralmente opposto – di riconoscere all’individuo la possibilità di ottenere dallo Stato o da terzi un aiuto a morire».

[6] Il riferimento è a W. Scheidel, La grande livellatrice. Violenza e diseguaglianza dalla preistoria a oggi, ed. it. Il Mulino, 2022.

[7] Questo è il senso più profondo del monito che chiude Corte cost. 135/2024: «Infine, questa Corte non può che ribadire con forza l’auspicio, già formulato nell’ordinanza n. 207 del 2018 e nella sentenza n. 242 del 2019, che il legislatore e il servizio sanitario nazionale intervengano prontamente ad assicurare concreta e puntuale attuazione ai principi fissati da quelle pronunce, oggi ribaditi e ulteriormente precisati dalla presente decisione, ferma restando la possibilità per il legislatore di dettare una diversa disciplina, nel rispetto dei principi richiamati dalla presente pronuncia.

[8] Sul consenso informato, vedi Corte cost. 438/2008 e 253/2009, sulle quali: F. Agnino, La responsabilità medica: lo stato dell’arte della giurisprudenza fra enforcement del paziente e oggettivazione della responsabilità sanitaria, in Il corriere giuridico, 2011, 628: A. Andronio, Il consenso alla prestazione delle cure medico chirurgiche nella CEDU e nella giurisprudenza italiana, in Giur. merito, 2011, 300; R. Balduzzi, D. Paris, Corte costituzionale e consenso informato fra diritti fondamentali e ripartizione delle competenze legislative, in Giur. cost., 2008, 4953; M. Cartabia, La giurisprudenza costituzionale relativa all’art. 32, secondo comma della Costituzione italiana, in Quad. cost., 2012, 455; C. Casonato, Il principio della volontarietà dei trattamenti sanitari in una recente sentenza della Corte costituzionale, in Forumcostituzionale.it; D. Cevoli, Diritto alla salute e consenso informato. Una recente sentenza della Corte costituzionale, ivi; C. Coraggio, Il consenso informato: alla ricerca dei principi fondamentali della legislazione statale, in Giur. cost., 2008, 4981; F. Corvaja, Principi fondamentali e legge regionale nella sentenza sul consenso informato, in Forumcostituzionale.it; K. De Sabbata, Consenso informato, prova e responsabilità medica, in Resp. civ. e previdenza, 2020, 742; G. Facci, Le tabelle del tribunale di Milano, il consenso informato e il risarcimento del danno, in Il corriere giuridico, 2021, 877; G. Ferrando, La riscrittura costituzionale e giurisprudenza della legge sulla procreazione assistita, in Famiglia e diritto, 2011, 517; F. S. Florio, La questione vaccinale nel quadro degli assetti costituzionali, in Istituzioni del federalismo, 2017, 399; B. Lelli, Consenso informato e attitudini garantistiche delle Regioni, in Giurcost.org; G. Luccioli, Consenso informato, legge n. 219 del 2017 e sentenza della Corte costituzionale n. 242 del 2019 nella prospettiva del giudice civile, in Giustiziainsieme.it, 2021; F. Minni, A. Morrone, Il diritto alla salute nella giurisprudenza della Corte costituzionale italiana, in Rivista AIC, 3/2013; G. Monaco, La tutela della dignità umana: sviluppi giurisprudenziali e difficoltà applicative, in Pol. dir., 2011, 45; D. Morana, La tutela della salute fra competenze statali e regionali: indirizzi della giurisprudenza costituzionale e nuovi sviluppi normativi, in Osservatorio AIC, 1/2018; Id., A proposito del fondamento costituzionale per il “consenso informato” ai trattamenti sanitari: considerazioni a margine della sent. 438 del 2008 della Corte costituzionale, in Giur. cost. 2008, 4970; A. Pioggia, Consenso informato ai trattamenti sanitari e amministrazione della salute, in Riv. trim. dir. pubbl., 2011, 127; L. Ronchetti, Interventi per difetto o per eccesso del potere normativo, in Dir. pubbl., 2010, 409; G: Vettori, Dal diritto mite alla legge? Anche no, in Questionegiustizia.it

[9] Sui collegi di garanzia statutaria: R. Romboli, La natura ed il ruolo degli organi di garanzia statutaria alla luce delle leggi regionali di attuazione degli statuti e della giurisprudenza costituzionale, relazione svolta al Convegno L’attuazione degli Statuti regionali, presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, in Forumcostituzionale.it, 2010; Id., Sub Art. 57, in P. Caretti, M. Carli, E. Rossi (ed.), Statuto della Regione Toscana. Commentario Torino, Giappichelli, 2005, 283; Id., L’esperienza dei consigli di garanzia statutaria, in Scritti in onore di Michele Scudiero, IV, Napoli, ESI,  2008, 1994; L. Panzeri, La tutela della rigidità statutaria alla luce della più recente giurisprudenza costituzionale: quali prospettive per gli organi di garanzia costituzionale?, in Giur. cost., 1/2005, 813 ss.; C. Combi, Gli organi regionali di garanzia statutaria, in Osservatorio sulle fonti, 3/2008; S. Aloisio, R. Pinardi, Il ruolo degli organi di garanzia statutaria alla luce di una visione complessiva delle competenze loro assegnate: tra aspettative e pessimismi eccessivi?, in Giurcost.org, 24 dicembre 2010; G. D. Falcon, Le consulte di garanzia come organi giusdicenti, in Ist. Fed., 4/2011, 809 ss.; S. Gambino, Le consulte statutarie nella giurisprudenza costituzionale, ivi, 817 ss.; A. Spadaro, Dal «custode della Costituzione» ai «custodi degli Statuti». Il difficile cammino delle Consulte statutarie regionali, in Le Regioni, 6/2006, 1059 ss.; Id., Ancora sugli organi regionali di garanzia statutaria, fra tante luci e qualche ombra, relazione al Convegno Gli organi di garanzia nelle regioni italiane tenutosi a Bologna il 3-4 dicembre 2009, in Le Regioni, 3/2010, 465 ss.; N. Lupo, Gli organi di garanzia statutaria, i metodi della legislazione e i Consigli regionali, in Ist. Fed., 3, 2011, 623 ss.; E. Balboni, L. Brunetti, Autonomia, indipendenza e poteri “decisori” degli organi di garanzia statutaria, con particolare riferimento alla Commissione garante della Lombardia, in Federalismi.itt, 6/2012; C. Tubertini, Organi di garanzia regionale e prospettive di riforma istituzionale, Editoriale, in Ist. Fed., 4/2017, 901 ss.; M. Ferrara, I collegi di garanzia statutaria a quasi venti anni dalla revisione del Titolo V della Costituzione. E’ tempo dell’autoriforma?, in Diritti regionali, 1/2019.

[10] Si veda, ovviamente, Corte cost. 372/2004: A. Anzon, La Corte condanna all'”inefficacia giuridica” le norme “programmatiche” degli Statuti regionali ordinari, in www.associazionedeicostituzionalisti.osservatorio.it: S. Bartole, Norme programmatiche e statuti regionali, in www.forumcostituzionale.it; M. Belletti, La questione della tutela del nucleo essenziale dei diritti del nuovo assetto autonomistico, in Percorsi costituzionali, 2010, 149; A.M. Benedetti, Ordinamento civile e sindacato di legittimità costituzionale: è possibile una sentenza interpretativa di rigetto?, in Federalismi.it; R. Bin, Perché le regioni dovrebbero essere contente di questa decisione?, in www.forumcostituzionale.it; G. Bottino, L’organizzazione amministrativa dello Stato, delle regioni e delle autonomie locali nella giurisprudenza costituzionale: il procedimento amministrativo, in Il Foro amministrativo (C.d.S.), 2005, 2449; M. Cammelli, Norme programmatiche e statuti regionali: questione chiusa e problema aperto, in www.forumcostituzionale.it; A. Cardone, Brevi considerazioni su alcuni profili processuali della recente giurisprudenza statutaria della Corte costituzionale, ivi; Id., Gli statuti regionali e la città di Zenobia. I limiti procedurali e sostanziali all’autonomia statutaria delle Regioni ordinarie alla luce della prassi e della giurisprudenza costituzionale, in Federalismi.it; Id., Brevi considerazioni su alcuni profili processuali della recente giurisprudenza “statutaria” della Corte costituzionale, in Istituzioni del federalismo, 2005, num. 2; P. Caretti, La disciplina dei diritti fondamentali è materia riservata alla Costituzione, in www.forumcostituzionale.it; F. Cuocolo, I nuovi statuti regionali fra Governo e Corte costituzionale, in Giur. cost., 2004, 4047; G. D’Amato, Enunciati non normativi dei nuovi statuti regionali, in Rass. Avv. Stato, 2004, 1210; R. Dickmann, Le sentenze della Corte sull’inefficacia giuridica delle disposizioni “programmatiche” degli Statuti ordinari, in Federalismi.it; F. Drago, La questione dei “tagli” allo Statuto ad opera della Corte costituzionale. Riflessioni a margine dell’impugnazione degli Statuti Umbria ed Emilia-Romagna, in Federalismi.it; G. D. Falcon, Alcune questioni a valle delle decisioni della Corte, in www.forumcostituzionale.it; C.E. Gallo, Il valore delle disposizioni di principio contenute negli statuti regionali, in Il Foro amministrativo (C.d.S.), 2004, 3384; T. Groppi, I nuovi statuti delle Regioni dopo le sentenze 372, 378, 379/2004 della Corte costituzionale, in www.associazionedeicostituzionalisti.osservatorio.it; A. Iacoviello, G. Saputelli, I «rapporti internazionali e con l’Unione europea delle Regioni» nella prospettiva del regionalismo differenziato, in Rivista italiana di diritto pubblico comunitario, 2020, 791; V. Lippolis, Le dichiarazioni di principio degli statuti regionali, in Federalismi.it; A. Mangia, Il ritorno delle norme programmatiche, in Giur. cost., 2004, 4068; L. Marin, L'”armonia con la Costituzione” e la potestà statutaria nella giurisprudenza del giudice delle leggi, in www.forumcostituzionale.it; G. Pastori, Luci e ombre dalla giurisprudenza costituzionale in tema di norme programmatiche degli statuti regionali, ivi; M. Pedetta, La Corte costituzionale salva gli enunciati degli statuti regionali sulla tutela delle forme di convivenza mettendoli nel limbo, ivi; F. G. Pizzetti, Il gioco non valeva la candela: il prezzo pagato è troppo alto, ivi; E. Rinaldi, Corte costituzionale, riforme e statuti regionali: dall’inefficacia giuridica delle norme programmatiche al superamento dell’ambigua distinzione fra contenuto necessario e contenuto eventuale, in Giur. cost., 2004, 4073; E. Rossi, Principi e diritti nei nuovi Statuti regionali, in Riv. dir. cost., 2005, 51; A. Ruggeri, Gli statuti regionali alla Consulta e la vittoria di Pirro, in www.forumcostituzionale.it; Id., La Corte, la “denormativizzazione” degli statuti regionali e il primato del diritto politico sul diritto costituzionale, ivi; G. Tarli Barbieri, Le fonti del diritto regionale nella giurisprudenza costituzionale sugli statuti regionali, in www.forumcostituzionale.it; A. Vespaziani, Principi e valori negli statuti regionali: much ado about nothing, in www.associazionedeicostituzionalisti.osservatorio.it; G. E. Vigevani, Autonomia statutaria, voto consiliare sul programma e forma di governo “standard”, in www.forumcostituzionale.it.

[11] Vedi L. Bianchi, cit.

*Professore ordinario di Diritto costituzionale presso l’Università di Pisa

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