Il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria interviene a tutela dell’affettività detentiva

AURORA MAGGI*

L’11 aprile 2025, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria – Ufficio del Capo del Dipartimento – ha emanato le prime Linee Guida per dare esecuzione all’intervento operato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 10 del 2024, che ha riconosciuto alla persona detenuta un vero e proprio diritto soggettivo alla fruizione di colloqui intimi con il coniuge, la parte dell’unione civile o la persona con lei stabilmente convivente. La pronuncia è intervenuta sul carattere assoluto ed inderogabile del controllo a vista durante lo svolgimento di colloqui, previsto dall’art. 18 Ordinamento Penitenziario (O.P.). La decisione della Corte costituzionale del 2024 era stata preceduta da un’altra sentenza (sentenza n. 301 del 2012), conclusasi con una dichiarazione di inammissibilità della questione, ritenendo che la scelta spettasse al legislatore. Tuttavia, negli anni successivi non si è registrato alcun intervento legislativo in materia: il legislatore ha di fatto abdicato al proprio ruolo, lasciando che la valutazione del caso ricadesse nelle aule della Corte costituzionale.

La sentenza n. 10 del 2024 ha dunque superato l’assolutezza dell’art. 18 O.P., ritenendo che la che l’ammissione ai colloqui intimi debba essere valutata caso per caso. Solo ragioni di ordine e sicurezza potranno giustificare una limitazione di tale diritto. In particolare, tale valutazione dovrà tener conto nel caso di persona detenuta in regime di cui all’art. 41- bis O.P. o in regime di sorveglianza speciale ex art. 14 – bis O.P.           

Nonostante l’evoluzione giurisprudenziale sopra richiamata, e la successiva sentenza della Corte di Cassazione n. 8 del 2025, i contesti detentivi non hanno registrato alcun cambiamento. La Magistratura di Sorveglianza ha cercato di dare attuazione alle indicazioni date dalla Corte costituzionali mediante l’accoglimento di ricorsi ex art. 35-bis O.P. (reclamo giurisdizionale) presentati dalle persone detenute in seguito al rigetto delle istanze di ammissione ai colloqui intimi.

Nelle Linee Guida emanate si ripercorre l’evoluzione giurisprudenziale in materia, in cui la sentenza n. 10 del 2024 rappresenta una sostanziale trasformazione. Essendo stata in diverse occasioni rappresentata dalla dottrina e dalla giurisprudenza la mancata attuazione del riconoscimento operato dalla Corte costituzionale, l’Amministrazione Penitenziaria ha istituto il gruppo di studio multidisciplinare incaricato di individuare le modalità di esecuzione della pronuncia costituzionale.

Le Linee Guida riconoscono ai colloqui intimi la natura giuridica dei colloqui tradizionali previsti dall’art. 37 del Regolamento di esecuzione (D.P.R. 230/2000), con riferimento al numero mensili e alla durata (massimo due ore).

La verifica dei requisiti per l’ammissione ai colloqui intimi spetta al Direttore dell’Istituto o all’Autorità Giudiziaria nei casi di competenza (in particolare, persone con posizione giuridica non definitiva o mista con definitivo). Per i coniugi o le parti dell’unione civile andrà effettuato un accertamento con procedura semplificata. Diversamente, per le persone stabilmente conviventi con il detenuto le linee guida rimettono alla Direzione la possibilità di richiedere all’interessato di integrare la documentazione, pur senza specificare in cosa consista tale integrazione documentale.

Una volta autorizzata la fruizione, è previsto che la persona non detenuta ammessa al colloquio intimo compili un documento attestante il consenso informato inerente alla tipologia dell’incontro. Ciò anche in ragione a ulteriori due previsioni: la sottoposizione a perquisizione personale e la modalità di fruizione di tali colloqui.

Ciò si collega a quanto indicato nel capo dedicato alle misure organizzative e alla gestione della sicurezza, in cui si dà atto dell’esigenza di videosorvegliare le aree antistante il locale destinato al colloquio intimo. Viene inoltre disposto che la porta del locale non potrà mai essere la completamente chiusa dall’interno, dovendo rimanere accessibile al personale di polizia penitenziaria.

Discutibile appare la previsione secondo cui il personale di custodia deve essere dotato di equipaggiamento tecnico per il controllo delle persone detenute e di coloro che sono ammessi al colloquio, al fine di scongiurare rischi per l’incolumità e per l’ordine e la sicurezza dell’istituto. Tuttavia, non viene specificato a quale tipologia di equipaggiamento tecnico l’amministrazione penitenziaria faccia riferimento.

Tali Linee Guida si collocano in una posizione di favore nella prospettiva di attuazione della sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 2024. Appare pertanto apprezzabile lo sforzo compiuto dall’Amministrazione penitenziaria nel perseguire l’obiettivo di un’effettiva tutela del diritto all’affettività delle persone detenute. Tuttavia, nonostante l’importante contributo fornito non può sottacersi come tanto la Corte costituzionale quanto l’amministrazione della giustizia abbiano operato nelle more dell’intervento del legislatore (p.to. 9 considerato in diritto, sentenza n. 10 del 2024). Permane, dunque, il bisogno di un’azione coordinata e sinergica tra legislatore, magistratura di sorveglianza e amministrazione penitenziaria, ciascuno secondo le proprie specifiche competenze, affinché possano «accompagnare una tappa importante del percorso di inveramento del volto costituzionale della pena» (p.to. 9 considerato in diritto, sentenza n. 10 del 2024).

*Dottoranda di Ricerca in Diritto Pubblico Comparato presso l’Università degli Studi di Siena. In tirocinio presso il Tribunale di Sorveglianza di Roma

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