Dal 1948 ad oggi tante sono state le leggi costituzionali che hanno riformato in modo puntuale o in modo sistematico alcune parti della Costituzione ed in numero ancora maggiore sono stati i disegni di legge costituzionale che non hanno avuto esito positivo.
Il ddl di riforma costituzionale approvato dal Consiglio dei ministri il 30 ottobre 2023, che può essere sicuramente considerato puntuale, va ad incidere su uno degli aspetti più delicati della forma di governo italiana, ossia sul modo di scelta del Presidente del Consiglio dei ministri, introducendo l’elezione diretta.
Il rafforzamento del ruolo del PCM è sempre stato un obiettivo cercato frequentemente in questi 75 anni di storia repubblicana, a partire dall’approvazione della c.d. legge truffa che, vista con gli occhi di oggi forse tanto truffa non era, ma voluta da De Gasperi proprio per evitare di essere condizionato da quei partiti rappresentativi di una piccola minoranza, ma essenziali per la formazione del governo.
Da allora, i vari tentativi con ddl costituzionali per rafforzare il ruolo del Presidente del Consiglio non sono andati a buon fine. D’altra parte, la legge n. 400 del 1988, pur andando a delineare in modo puntuale i poteri del Presidente del Consiglio (art. 5) non ha mutato il modo di percepire il ruolo del PCM.
Oggi, due donne sono artefici di questo disegno di legge costituzionale, la Presidente Giorgia Meloni e la Ministra per le Riforme Istituzionali Maria Elisabetta Alberti Casellati, con il consenso ovviamente di tutto il governo.
Molti commenti a caldo sono stati fatti, in cui si rileva che tale riforma ridurrebbe il ruolo del Parlamento, del Presidente della Repubblica e non rafforzerebbe pienamente lo stesso Presidente del Consiglio eletto, che sarebbe condizionato dai partiti della coalizione di maggioranza.
- L’attuale formulazione della Costituzione è adeguata all’attuale contesto nazionale, europeo ed internazionale?
- Il ddl costituzionale risponde all’obiettivo di garantire al Presidente del Consiglio e/o il Consiglio dei ministri di essere percepito come stabile e forte sia nei rapporti con gli altri partiti che in UE?
- Il ddl costituzionale è criticabile in maniera categorica ed assoluta o può essere oggetto di miglioramento e parziale revisione?
- Ed infine l’eliminazione dei senatori a vita diversi dagli ex Presidenti della Repubblica è ragionevole o costituisce un limite per il Senato e per la Repubblica il venir meno della voce di soggetti autorevoli in campo sociale, scientifico, artistico e letterario, ovvero la loro soppressione è la conseguenza di una frequente loro influenza sull’indirizzo politico di maggioranza?
1) La forma di governo parlamentare disegnata dall’Assemblea costituente si basava su un sistema di partiti molto radicato nel territorio e fortemente legittimato nella comunità nazionale. Tale sistema partitico integrava, attraverso importanti convenzioni costituzionali, le previsioni normative sulla forma di governo, assegnando alla stessa una sostanziale stabilità. Dopo la stagione di tangentopoli e il crollo del muro di Berlino la crisi dei partiti tradizionali ha inciso in maniera significativa sulla democrazia parlamentare italiana che ha subito un evidente indebolimento. Ciò nel momento in cui sarebbe stata necessaria maggiore stabilità ed autorevolezza dei governi a fronte del processo di integrazione europea, nel confronto con gli altri partners europei.
2)Il disegno di legge costituzionale sul c.d. “premierato elettivo” si prefigge l’obiettivo di conferire stabilità alla figura e alle funzioni del Presidente del Consiglio dei ministri eletto direttamente dai cittadini e mira a realizzare un governo di legislatura, coincidente con la durata delle Camere. La stabilità costituisce, infatti, il presupposto per la realizzazione del programma politico con cui il Premier e la sua coalizione hanno ottenuto il consenso da parte degli elettori. Anche nel contesto internazionale ed europeo un Presidente del Consiglio che gode di una maggioranza stabile e compatta verrà percepito come un interlocutore più credibile ed autorevole.
3)La proposta sulla nuova forma di governo rappresenta, a mio avviso, il compromesso tra le esigenze di stabilizzare la forma di governo e il mantenimento del ruolo di garanzia del Presidente della Repubblica. Invero, la formula per evitare i c.d. ribaltoni prevede, in caso di crisi di governo, il potere del capo dello Stato di incaricare nuovamente il Premier eletto per provare a formare un nuovo esecutivo e in caso di fallimento anche di tale tentativo, la possibilità di incaricare altro esponente della maggioranza che si impegni alla attuazione della piattaforma programmatica su cui le Camere hanno già espresso la fiducia. Va detto, comunque, che il metodo di elezione diretta e una legge elettorale che conferisce il 55% dei seggi alla coalizione vincente riducono non poco l’eventualità di crisi di governo. Si è scartata la versione più rigida del “neo – parlamentarismo”, basata sul c.d. “simul – simul”, presente in Costituzione con riferimento alla forma di governo delle Regioni e che combina la mozione di sfiducia al Presidente regionale con l’automatica fine della consiliatura e lo svolgimento di nuove elezioni. Invece è stato preferito un meccanismo che non porta allo scioglimento immediato a seguito delle dimissioni del Premier, proprio per mantenere centrale il ruolo del Presidente della Repubblica (che continuerà ad esercitare il potere di nomina dei ministri su proposta del presidente del Consiglio) e del Parlamento (che concede o nega la fiducia al governo).
4)La scelta di superare la previsione sui senatori a vita sembra, verosimilmente, collegata alla recente modifica costituzionale di riduzione del numero dei senatori e, al fine, di evitare che la relazione maggioranza – minoranza, delineata dal voto, possa subire alterazioni significative per via di personalità prive di legittimazione popolare.