Le Short Term Rental Platforms come regolatori erga omnes de facto. I diritti fondamentali in gioco

Le short term rental platforms sono oggetto del dibattito regolativo in quanto impattano su politiche urbane, diritto all’abitare e libertà economiche.

A livello nazionale, si consideri il tavolo attivato dal Ministero del Turismo per la regolamentazione uniforme degli affitti brevi, dichiaratamente volta a fronteggiare il rischio di overtourism e a salvaguardare la residenzialità dei centri storici. Da ultimo, il Ministero ha redatto uno Schema di Decreto legge che prevede – tra l’altro – il limite minimo di due notti consecutive per il contratto di locazione per finalità turistiche avente ad oggetto uno o più immobili.

La bozza ha ricevuto le critiche tanto di chi la ritiene eccessivamente limitante per le attività locative quanto, in senso opposto, di chi la considera eccessivamente permissiva per gli affitti turistici. Tra queste ultime, si veda la proposta del Sindaco di Firenze, con la conseguente Delibera in discussione nel Consiglio comunale, la quale che prevede il divieto non retroattivo di utilizzare il proprio alloggio per un affitto turistico breve nel centro storico di Firenze, nonché incentivi fiscali per la riconversione degli alloggi turistici esistenti (in particolare, l’azzeramento dell’Imu seconda casa per tre anni a tutti i proprietari che convertiranno l’uso di residenza temporanea all’affitto lungo).

A livello eurounitario, tale dibattito si interseca con quello sulle concentrazioni economiche nella rete. Infatti, la dominanza di piattaforme come Airbnb sui mercati digitali si riflette su quelli immobiliari, con effetti sulla gentrificazione e sul diritto alla città.

È dunque necessaria una disciplina eurounitaria di tali operatori della rete? Quali limiti e obblighi potrebbero essere imposti a tali attori? Quali interazioni con le competenze nazionali e locali?

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