Daniela Marella*
1. Un sintetico quadro introduttivo.
Anche per una studiosa di Statistica – a maggior ragione di Statistica elettorale – la comprensione e l’analisi dei dati relativi ai risultati elettorali assumono un valore ed un peso diverso in quanto, oltre il mero dato numerico, quei dati rappresentano anzitutto l’espressione viva del corretto svolgimento del processo democratico. Peraltro è del tutto superfluo, a maggior ragione in una sede editoriale come questa, il sottolineare che la partecipazione dei cittadini alle elezioni è fondamentale per la legittimazione delle istituzioni e il buon funzionamento di una democrazia.
Per questo motivo comprendere le motivazioni dell’astensionismo – fenomeno che interessa tutte le tipologie di consultazione elettorale, anche se con intensità diverse – risulta di rilevante importanza non soltanto per chi, come per i costituzionalisti, affronta il processo elettorale nella sua dimensione giuridico-istituzionale oltre che politica in senso stretto, ma anche per chi, come appunto per gli studiosi di statistica elettorale, lo studia attraverso la sua dimensione numerica.
Il fenomeno dell’astensionismo, d’altronde, è sempre più preoccupante, avendo raggiunto in Italia un rilievo ed un’incidenza drammaticamente crescente. Basti citare, ad esempio, le elezioni europee del giugno 2024 in cui si è registrata un’affluenza alle urne del 49.7% contro il 56.1% del 2019.
Non a caso la centralità del dibattito intorno a questo fenomeno risulta confermata anche dall’ampia analisi sull’astensionismo, le sue cause e i potenziali rimedi, utili ad agevolare la partecipazione elettorale, presentata di recente nel Libro bianco sull’astensionismo da parte del Dipartimento per le Riforme Istituzionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, realizzato da una Commissione di esperti[1]. Così come, del pari, anche la stessa dottrina ha iniziato a mettere al centro della propria analisi un approccio di tipo interdisciplinare[2].
Per cogliere allora – sia pure in modo assai sintetico in questa sede – un primo quadro concettuale sulle differenze anzitutto tra astensionismo apparente e astensionismo reale, vale la pena riprendere, anzitutto, alcuni degli elementi discussi quindi dal Libro bianco.
Partiamo dall’astensionismo apparente. Questo è dovuto all’effetto che il numero di elettori iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero (AIRE) ha sul calcolo delle percentuali di partecipazione al voto. In merito, dal punto di vista strettamente tecnico-strumentale – fatto decisivo per cogliere il senso e la misura della partecipazione al momento elettorale – gli elettori nella Circoscrizione Estero possono votare, come noto, per corrispondenza per le elezioni politiche e per i referendum, mentre non possono votare per corrispondenza nelle elezioni regionali ed amministrative, pur essendo costoro potenzialmente anche iscritti nelle liste elettorali dei Comuni.
Naturalmente, l’esistenza – comprensibilissima, s’intende – di norme diverse per le diverse consultazioni elettorali crea allo studioso di statistica elettorale comunque delle naturali difficoltà nel calcolare le basi (e stimare gli effetti che si producono) degli aventi diritti al voto. Ciò comporta infatti una sopravvalutazione, ad esempio, dell’astensionismo per le elezioni regionali ed amministrative, offrendo un’immagine distorta del fenomeno, perché ne amplifica la salienza intorno ad una bassa partecipazione elettorale: un fenomeno che, potenzialmente, potrebbe indurre addirittura un effetto imitativo di disaffezione al voto – dunque di astensionismo reale – tra gli elettori futuri. Al tempo stesso, è ben noto che ulteriori distorsioni sul tasso di astensione derivano dalla presenza di errori nei conteggi presenti negli archivi elettorali dei Comuni italiani.
In ogni modo, a partire da questo sfondo generalissimo riguardo ai diversi fenomeni di astensionismo, tra astensionismo apparente ed astensionismo reale, è possibile comunque distinguere, come noto, diverse forme di astensionismo guardandole dal lato delle cause del non voto.
In merito, nell’ambito dell’astensionismo reale, un elemento importante da considerare è la volontarietà del comportamento astensionista; occorre cioè distinguere tra una scelta deliberata dell’elettore (astensionismo volontario) e una scelta indipendente dalla volontà individuale che dipende da cause di forza maggiore (astensionismo involontario).
L’astensionismo involontario, in particolare, è inteso come impossibilità del cittadino di recarsi alle urne a causa di impedimenti fisici o materiali: si pensi agli anziani, alle persone affette da patologie invalidanti, agli elettori impossibilitati a votare perché dimoranti in luoghi lontani dal Comune di residenza per motivi di studio, lavoro, vacanza o altre attività. In tal senso, è evidente che l’astensionismo involontario dipende fortemente dalle caratteristiche demografiche del corpo elettorale e di conseguenza, in Italia, dal crescente processo di invecchiamento della popolazione che porta ad un aumento della quota degli elettori nelle classi anziane. A tale riguardo, basti sottolineare che gli anziani di 75 anni e più ammontavano a poco più di un milione nel 1952 e superavano nel 2023 i sette milioni (fonte Istat). Di questi circa tre milioni presentano gravi difficoltà motorie che impediscono la partecipazione elettorale.
Al tempo stesso va detto che l’astensionismo involontario riguarda, in misura considerevole, gli elettori lontani dal proprio Comune di residenza per motivi di studio e di lavoro. Anzi, secondo il Libro bianco prima citato, tale componente rappresenta circa il 10.5% del corpo elettorale mentre l’assenza dal Comune di residenza per motivi di turismo ed escursionismo riguarda una percentuale di elettori stimata in circa l’1%.
Rientra, infine, nella componente involontaria anche l’astensionismo dovuto a cause tecniche come il mancato aggiornamento delle liste elettorali o problemi organizzativi come il recapito in ritardo dei documenti necessari a votare (astensionismo tecnico).
Invece l’astensionismo volontario comprende sia l’astensionismo per disinteresse verso la politica sia l’astensionismo di protesta. Nel primo caso, la mancata partecipazione elettorale deriva da una condizione di apatia, trattandosi di elettori disinformati e poco interessati alla dimensione politica. Nel secondo caso invece la mancata partecipazione elettorale esprime una forma di protesta, trattandosi tanto di elettori che contestano la classe politica, l’offerta elettorale e le proposte formulate dai partiti, quanto di elettori che non hanno fiducia nella pratica elettorale. In questo caso – va da sé – il fenomeno coinvolge cittadini politicamente consapevoli ed integrati, la cui componente di alienazione e protesta è stimata dal Libro bianco in circa il 15-20% sul totale degli elettori, mentre quella legata all’indifferenza in circa il 10-15%.
Identificate le cause maggiori di astensionismo, naturalmente sono stati proposti dei rimedi per favorire una maggiore partecipazione al voto, anzitutto per ridurre l’astensionismo di tipo involontario.
Questi rimedi sono in sé diversi. Per le categorie più deboli, anziani e persone con disabilità, è possibile facilitare la partecipazione alle elezioni attraverso la rimozione delle barriere architettoniche nei seggi elettorali, la predisposizione di stazioni speciali di voto, la possibilità del voto al domicilio dell’elettore o in luoghi di cura soprattutto per i soggetti non trasportabili o con gravi difficoltà motorie. Per studenti e lavoratori fuori sede sono possibili invece due importanti rimedi: da un lato, la possibilità di ricorrere al voto per corrispondenza oppure, dall’altro, la possibilità di esprimere la propria scelta politica in una sede diversa dal collegio di appartenenza, fatto già in parte sperimentato nelle ultime elezioni europee.
A tale riguardo, vista dal lato di una studiosa di Statistica elettorale, la possibilità di consentire il voto a chi non risulta residente nel collegio, provoca evidentemente una potenziale discrepanza tra il corpo elettorale e la base demografica utilizzata per la determinazione del numero di seggi spettanti al collegio stesso, di cui, evidentemente, non si può non tenere conto.
L’astensionismo volontario può essere invece ridotto attraverso misure di informazione e comunicazione più efficaci poste in essere dalle Istituzioni, prima che dalla stessa politica nel proporsi all’elettore, dentro una logica di domanda-offerta.
Questo breve – e assai semplificato – quadro introduttivo evidenzia quindi che ogni discussione sul fenomeno dell’astensionismo richiede non soltanto un confronto intorno alla formula elettorale in senso stretto (e agli algoritmi che la definiscono), ma impone anche una riflessione sull’intero assetto della legislazione elettorale di contorno, compresa la procedura elettorale preparatoria, la cui configurazione può inibire non poco la stessa partecipazione al voto a porzioni del corpo elettorale. D’altronde, non a caso, si sono proposte e si continuano a proporre misure quali il voto elettronico o, per altro verso, il voto assistito; così come, guardandola da un altro lato, utilizzando il fattore tempo, si propone l’adozione di un doppio turno di voto, che nei fatti rappresenta una “doppia chiamata” per l’elettore alla partecipazione: sempre che l’offerta politica sia tale da invitare a tornare per due volte l’elettore ai seggi.
2. L’ astensionismo alle elezioni politiche della Camera dei Deputati.
A questo punto, tenuto conto di ciò che in modo assai sintetico si è delineato, è possibile svolgere qualche breve annotazione sull’astensionismo elettorale in Italia, in particolare riguardo alle elezioni politiche della Camera dei Deputati, utilizzando i dati del Ministero degli Interni per le sole elezioni della Camera dei Deputati dal 1948 fino al 2022[3].
L’astensionismo in Italia è stato analizzato partendo dal tasso di astensione (Figura 1), ottenuto come rapporto tra gli astenuti e il numero di elettori, cioè i cittadini aventi diritto al voto, alle elezioni politiche per la Camera dei Deputati dal 1948 al 2022.
Il grafico mostra chiaramente un incremento consistente della percentuale di astenuti nel tempo. In particolare, gli anni dal 1948 al 1979 sono caratterizzati da un’attiva partecipazione alla vita pubblica del Paese, il tasso di astensione è relativamente basso e presenta un valore pari a 9.4% nel 1979. Tra il 1982 e il 1992 il tasso di astensione rimane stabile intorno al 12%, dal 1994 al 2001 il tasso risulta crescente e presenta un valore pari al 18.6% nel 2001. La crescita continua tra il 2006 e il 2013. Nel 2013 il tasso di astensione risulta pari al 24.8%, un elettore su 4 non si reca alle urne, fino a raggiungere il 27% alle elezioni politiche del 2018. Infine, le ultime elezioni politiche del 2022 segnano un drammatico calo della partecipazione elettorale con un tasso di astensione pari al 36.1%, più di un terzo degli elettori non si è recato alle urne. A tale riguardo, per comprendere a pieno le conseguenze dell’astensionismo, si tenga presente che Fratelli d’Italia – attualmente il primo partito del Paese – ha ottenuto il 26% dei voti mentre l’intera coalizione di centrodestra ha ottenuto circa il 44%.
Risulta quindi evidente come un elevato tasso di astensione rappresenti un elemento di forte preoccupazione rispetto al grado di legittimazione dell’intero sistema politico-rappresentativo.
Come sottolineato in precedenza, l’evoluzione del tasso di astensione deve essere interpretata considerando le dinamiche demografiche del Paese. A tale riguardo il rapido invecchiamento della popolazione italiana ha portato ad un aumento della quota degli elettori nelle classi anziane. Contemporaneamente si è ridotta, a causa della denatalità, la percentuale di elettori dai 18 ai 24 anni.
Figura 1.Tasso di astensione nelle elezioni politiche dal 1948 al 2022. |
Le elezioni politiche del 2022 hanno registrato una forte accelerazione nella crescita del tasso di astensione, passando dal 27.1% del 2018 al 36.1% del 2022, con una crescita quindi di 9 punti percentuali contro i 2.3 delle elezioni del 2018 rispetto a quelle del 2013.
Per compensare il declino della partecipazione elettorale e contrastare il problema demografico, che induce una sottorappresentazione dei giovani all’interno del corpo elettorale, una delle proposte sulle quali vi è una discussione intensa tra gli studiosi e la politica riguarda l’estensione del diritto di voto ai sedicenni.
A tale riguardo, i sedicenni e diciasettenni in Italia sono poco più di un milione: non molti come si può vedere. Conseguentemente, per quanto una loro presenza possa contribuire a migliorare la qualità dell’offerta oltre che della domanda politica, l’estensione del corpo elettorale riuscirebbe a contrastare solo in parte la dinamica dell’astensionismo. In ogni modo, anche laddove fosse, ciò richiederebbe che tutti i giovani elettori decidessero di recarsi, in massa, alle urne. Fatto in sé inverosimile, non da ultimo sulla base di un’analisi post-voto condotta da Ipsos rispetto alla quale risulta che il tasso di astensione dei giovanissimi nelle elezioni politiche del 2022, la cosiddetta Generazione Zeta (tra i 18 e i 26 anni), è pari al 35% collocandosi poco sotto la media nazionale. La proposta in ogni caso – conviene tornare a sottolinearlo – potrebbe comunque rappresentare un segnale per le nuove generazioni che subiscono le scelte politiche di cittadini non più giovani e uno stimolo per riequilibrare nell’agenda politica le istanze dei giovani.
L’accelerazione dell’astensionismo nelle elezioni politiche del 2022 ha interessato tutte le regioni. Nella Figura 2 viene riportato il tasso di astensione delle regioni italiane relativi alle elezioni politiche del 2022. Come risulta evidente dal grafico il tasso di astensione è più basso in alcune regioni dell’Italia settentrionale: Emilia-Romagna (28.0%), Veneto (29.8) e Lombardia (29.9%), e più alto in alcune regioni meridionali: Campania (46.7%), Sardegna (46.8%) e Calabria (49.2%).
Figura 2.Tasso di astensione nelle elezioni politiche del 2022 nelle regioni italiane. |
Infine, la Figura 3 mostra, per le regioni italiane, il diagramma a dispersione tra il tasso di astensione e il PIL pro-capite nominale (fonte Istat) che rappresenta una misura del tenore di vita registrato nella regione. Dal grafico risulta evidente la relazione negativa che sussiste tra reddito e tasso di astensione: le regioni con reddito più basso presentano tassi di astensione più alti. La correlazione lineare risulta pari a -0.75. Il disagio economico e sociale rappresenta una componente importante della partecipazione elettorale, come evidenziato anche da diversi studi presenti in letteratura.
Figura 3.Diagramma a dispersione tra il tasso di astensionismo e il PIL pro-capite nominale nelle regioni italiane. |
3. A mo’ di conclusione.
A questo punto, solo qualche breve annotazione finale.
In primo luogo, l’astensionismo elettorale, proprio per la complessità di cui qui si è brevemente dato cenno, è un fenomeno che merita di essere studiato davvero in una logica interdisciplinare. Fatto che – nonostante i tentativi importanti in corso, anche dal lato dei giuristi oltre che da quello degli statistici – ancora non trova, invece, una chiara ed adeguata presa di consapevolezza.
Poi, che esso deriva da tante matrici: le quali tuttavia, sia pure tra domanda ed offerta politica così come tra legislazione elettorale in senso stretto e di contorno, vengono però a destabilizzare anzitutto l’organizzazione del procedimento e del processo elettorale preparatorio. Per cui, se non si pone mano ad esso, nulla potrà cambiare davvero.
Infine – fatto importante – bisogna prendere definitivamente atto che il “voto di chi non vota” – come i dati delle elezioni politiche del 2022 hanno da ultimo dimostrato – sta subendo una pericolosa accelerazione, tesa a corrodere l’intero assetto democratico, prima che per un corretto e congruente rapporto tra eletti ed elettori. Un fatto oggettivo di cui non si può non tenere adeguatamente conto. E al quale, come ha sottolineato il Presidente Mattarella anche di recente, non si può non guardare – da cittadine prima che da studiose – con grande preoccupazione.
In tal senso, nel dedicarsi alla scrittura di una migliore legge elettorale – sia chiaro: fatto giusto e doveroso!, sarebbe comunque opportuno – se non altro in termini di logica, oltre che di buon senso – spendersi anche con la medesima volontà e forza pure per affrontare il tema dell’astensionismo elettorale.
Perché? Perché prima del voto, c’è il non-voto. Insomma, l’astensionismo viene prima.
[1] Libro bianco Per la partecipazione dei cittadini. Come ridurre l’astensionismo e agevolare il voto, promosso nel 2022 dal Dipartimento per le Riforme istituzionali della Presidenza del Consiglio dei ministri.
[2] Si veda tra i più recenti ad esempio: G. Delledonne, L. Gori, G. Martinico, F. Pacini (a cura di), Il peso dell’assente. Il fenomeno dell’astensionismo elettorale in Italia, Rubbettino Università, Soveria Mannelli, 2024, ISBN 9788849880700.
[3] I dati elettorali sono disponibili sul portale dedicato del Ministero degli Interni.
* Professoressa ordinaria di Statistica, coordinatrice del modulo di “Statistica elettorale” nel Master in “Scienze elettorali e del Governo” – Sapienza Università di Roma.
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