Prospettive di riforma della forma di governo. Quale ruolo per il Presidente della Repubblica?

Lo scorso 9 maggio la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha convocato le opposizioni per aprire un confronto sulla modifica della forma di governo, dando avvio a una nuova stagione delle riforme. Presidenzialismo, semipresidenzialismo; premierato; neo-parlamentarismo: le ipotesi sul tavolo sono diverse, tutte mutuate dal diritto comparato. Nel panorama del diritto contemporaneo le formule di governo sono molte e pluri-sfaccettate, forgiate da raffinate operazioni di ingegneria costituzionale e limate dall’esperienza degli ordinamenti in cui si applicano adattandosi, come l’acqua, alla forma della realtà istituzionale di riferimento. Per questo ogni ipotesi di riforma deve essere valutata con attenzione, considerando nello specifico l’impatto degli elementi di contesto che influenzano inevitabilmente la dinamica dell’attuazione concreta.

La linea del governo sembra propendere per una forma di premierato, probabilmente con elezione diretta del Presidente del Consiglio: si tratta una formula idonea alla specificità italiana? Quale ruolo per il Presidente della Repubblica?

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Francesco Clementi, ordinario di Diritto pubblico comparato (La Sapienza)
Francesco Clementi, ordinario di Diritto pubblico comparato (La Sapienza)
10 mesi fa

Sto seguendo con grande interesse la rinnovata stagione di confronto politico intorno al tema delle riforme costituzionali, in particolare quelle relative alla forma di governo. E come studioso ritengo non sia opportuno lasciare cadere l’opportunità che si arrivi ad una revisione costituzionale adeguata , proprio perchè consapevole dei crescenti, sempre più crescenti, problemi che il nostro ordinamento in tema sta misurando, tra fatto e diritto.
Conseguentemente ritengo necessario, anche per allineare sempre più le nostre Istituzioni a quel progressivo ed importante processo di “europeizzazione” che ormai connotano gli ordinamenti di democrazia-pluralista che compongono oggi l’Unione europea, cogliere l’ulteriore occasione che sembra profilarsi di fronte, con “spirito di leale collaborazione”, ben consapevoli dei tentativi falliti. E dei rischi che una scelta del genere in sé comporta. Dunque prudenza, ma non timidezza.
Personalmente, come ho più volte scritto e sottolineato anche di recente, ben consapevole della situazione politico-istituzionale e delle connessioni esistenti tra la debolezza delle istituzioni e il potenziale perdurare di una situazione economica che può mettere a rischio la coesione sociale, è opportuno evitare ogni forma di governo che, incentivando la polarizzazione sociale e politica, modifichi punti della Carta costituzionale mettendo a rischio l’intero assetto ed equilibrio dei poteri e delle garanzie ordinamentali.
Pertanto, se le parole allora esprimono senso, il presidenzialismo, per un Paese polemico come il nostro, sarebbe benzina sul fuoco. Che ci farebbe peraltro perdere pure la possibilità di usare, in caso di crisi e di stallo, anche la figura neutrale del Capo dello Stato come “motore di riserva”. Insomma, meglio essere chiari: un conto è il presidenzialismo, un conto è “presidenzializzare” il parlamentarismo con una preminenza, riconosciuta dalle regole, del Presidente del Governo sui ministri: che è quello che serve invece per renderci pari ai partners europei. Al tempo stesso un ragionamento simile vale per la forma di governo semipresidenziale che, come si vede proprio in questi giorni, si presenta più affaticata di quanto non apparisse anche semplicemente qualche anno fa.
Dunque, senza pregiudizi, l’obiettivo è quello di favorire la formazione e la tenuta, per l’intera legislatura, di un Governo con una maggioranza chiara che esprima un premier-non invece eleggere, sic et simpliciter, un Capo, allora non serve introdurre i rigidi automatismi di quei due modelli, quello presidenziale e quello semipresidenziale, ad elezione diretta.
Si può infatti raggiungere l’effetto di una democrazia di investitura passando – e rimanendo – comunque una democrazia di indirizzo anche semplicemente facendo che gli elettori legittimino direttamente il Governo e il suo Capo per il tramite del voto ai partiti in Parlamento, senza tuttavia appunto farlo eleggere direttamente dal corpo elettorale.
Quali modifiche allora?
Innanzitutto prevederei l’inserimento dell’indicazione preventiva del Presidente del Consiglio sulla scheda elettorale per una legittimazione diretta da parte degli elettori: di modo che sia previsto, ad esito del voto, che la coalizione che esprime il vincitore veda il suo leader nominato Presidente.
Poi, immaginerei una fiducia al solo presidente, espressa a Camere congiunte, rendendolo questi così libero tanto di formare il suo governo quanto di revocare i suoi ministri. Introdurrei poi la c.d. sfiducia costruttiva ma soprattutto la possibilità che il Presidente, di fronte alla bocciatura di una questione di fiducia da lui presentata in Parlamento, possa proporre lo scioglimento anticipato al Capo dello Stato (art. 68 Cost. tedesca). Solo così la leadership del Premier avrà forza vera.
Questi elementi potrebbero dunque consentire di avere un Presidente del Consiglio legittimato dagli elettori seppure non eletto, con un Capo dello Stato che, conservando in emergenza, in caso di crisi sistemica, l’utilissimo ruolo di “motore di riserva”, potrebbe però tornare in quell’alveo di normale garanzia costituzionale, pensato allora dai Costituenti.